Bologna, 14 gennaio 2014 - “Panebianco, cuore nero”. è quanto recita una delle scritte tracciate all’ingresso dell’ufficio del politologo Angelo Panebianco, docente di Scienze politiche all’Università di Bologna, preso di mira dagli attivisti del collettivo Hobo, che lo accusano di razzismo per i contenuti di un editoriale pubblicato ieri sul Corriere della Sera.

Il blitz, annunciato sui social network, è andato in scena verso mezzogiorno nella sede della Facoltà, in Strada Maggiore 45, dove si sono presentati alcune decine di ragazzi ‘armati’ di bombolette spray e fischietti. Lo stesso Panebianco, presente in facoltà, è sceso nel cortile per tentare un confronto con i manifestanti, ma senza successo. Gli attivisti hanno infatti raggiunto il suo ufficio, imbrattando la porta con vernice rossa e lasciando alcune scritte: “Fuori i baroni razzisti dall’università, Le consegniamo noi un foglio di via”. Subito dopo se ne sono andati.

Nell’editoriale, dal titolo ‘Troppe ipocrisie sugli immigrati’, Panebianco tra le altre cose si chiedeva se per affrontare il problema dell’immigrazione potessero essere opportuni ‘interventi più attivi e, soprattutto, più selettivi’. Una frase che ha scatenato polemiche e fatto arrabbiare il collettivo bolognese, che in una nota definisce l’articolo del politologo ‘un disgustoso cocktail di ideologia razzista e ideologia dello sfruttamento’.

Speravo volessero parlare. Avrei detto a loro le stesse cose che dico a voi”. Panebianco, allarga le braccia di fronte alla protesta del collettivo Hobo. Quando il prof si sofferma con i giornalisti, non è ancora andata in scena la parte più dura della contestazione, con tanto di vernice e scritte sulla porta del suo studio. Fino a quel momento, i manifestanti si erano limitati a rifiutare la proposta di dialogo del docente, che si è presentato di fronte agli studenti radunatisi nel cortile della Facoltà. “Non voglio querelare nessuno, ma non sono razzista”, afferma Panebianco, tentando a più riprese di interloquire. Niente da fare: tra slogan al megafono e cori, la risposta è un “no” senza appello. “Non ci interessa alcun confronto”, mette in chiaro un manifestante, con “i baroni razzisti e schiavisti di questo Ateneo”.

Quando qualcuno tenta di mettergli un cartello sotto il mento, a favore di fotografi, il prof perde per un attimo la pazienza e allontana bruscamente il foglio. Alla fine, deve rinunciare ad ogni tentativo di discussione. Si aspettava questo atteggiamento dai parte degli studenti? “No”, risponde Panebianco, “mi pare perlomeno lecito che si potesse chiedere di parlare”. Del resto, “credo che molti di loro neanche l’abbiano letto il mio editoriale”, aggiunge, cercando di chiarire il senso del proprio intervento sulla stampa. “Il problema degli sbarchi dei profughi non c’entra nulla con le politiche sull’immigrazione di un Paese”, oggetto dell’editoriale, perchè questo tema “rientra - sottolinea Panebianco - in un regime internazionale e non è nelle disponibilità dell’Italia, della Francia o della Spagna”.