Bologna, 21 gennaio 2014 - Dopo 37 anni di lavoro in anzienda, è morto, con un mesotelioma pleurico, un caporeparto tecnico delle Officine Grandi Riparazioni di Bologna che, esposto all’amianto, si era scoperto il tumore poco più di un anno fa. V. N., 65 anni, è una delle oltre 200 vittime in Ogr dell’amianto usato sui treni, cominciato a smaltire negli anni Settanta, bandito in Italia dal 1992, ma ancora prodotto in diversi Paesi, anche se dal 2005 c’è la Giornata mondiale delle vittime dell’amianto, che ricorre il 28 aprile.

Il caporeparto - racconta Silvano De Matteo, coordinatore regionale dei ferrovieri Filt Cgil - ha lavorato fino a Natale, poi stava troppo male: il 30 dicembre è entrato in ospedale al Sant'Orsola di Bologna e domenica è morto in un hospice a Casalecchio, dove oggi sono stati celebrati i funerali. Nello stesso reparto al Sant'Orsola resta in fin di vita un suo collega di lavoro alle Ogr.

Spesso passano molti anni prima della diagnosi ma, a quel punto, è difficile superare l’anno di vita. E non c’è una tutela univoca. Il sindacato segnala che “non sono ancora riconosciuti - spiega De Matteo - i benefici previdenziali del lavoro esposto all’amianto in Ogr. Per i deceduti, e alla diagnosi, scatta l’indennizzo, ma chi non è ancora ammalato non ha alcun riconoscimento: ora abbiamo vinto cinque cause pilota e siamo pronti con un’altra trentina. L’esposizione all’amianto deve essere riconosciuta, non si puo’ aspettare che ci si ammali, all’ultimo”.

Per le Ogr di Bologna la dismissione è rinviata a fine 2016 e oggi i 330 dipendenti, e i circa 150 lavoratori dell’indotto trovano ancora ogni tanto piccole quantità di amianto, occultato in qualche vecchio magazzino o in qualche materiale acquistato all’estero dove ancora non è vietato.