Bologna, 8 febbraio 2014 - A sorpresa, ieri mattina davanti al tribunale militare di Roma, è stato il procuratore Marco De Paolis a chiedere e ottenere dai giudici l’assoluzione di Barbara Balanzoni (foto) "perché il fatto non sussiste" dall’accusa di disobbedienza aggravata e continuata. La dottoressa di 39 anni di Crevalcore, tenente medico riservista dell’esercito, era finita alla sbarra per avere salvato una gatta che stava morendo di parto il 10 maggio del 2012, durante una missione in Kosovo. Così facendo, aveva contravvenuto a una disposizione riguardante il divieto di avvicinare animali randagi e per questo era stata punita anche con cinque giorni di consegna.

Il capo della Procura militare ha però ‘sconfessato’ l’operato del suo sostituto che aveva mandato a processo l’ufficiale e ha ottenuto una sentenza predibattimentale, ovvero prima dell’inizio della trattazione del caso. Il magistrato, facendo riferimento alla giurisprudenza, ha rilevato che il tenente medico "non ha compiuto il reato di disobbedienza" perché non ha disatteso un ordine impartito direttamente a lei, ma una prescrizione di carattere generale, commettendo quindi solo "un’infrazione disciplinare". Barbara Balanzoni dovrà comunque tornare in aula il 7 marzo per rispondere di altre due imputazioni rimaste in piedi: diffamazione e ingiurie a inferiore. La notizia dell’assoluzione è stata acoclta "con soddisfazione" dal presidente dell’Enpa Carla Rocchi.

 

Dottoressa Balanzoni, giustizia è fatta?
"Prima ancora dell’apertura del dibattimento è stato il capo della Procura a chiedere l’assoluzione perché il fatto non sussiste dall’accusa di disobbedienza aggravata, ma gli altri due capi sono stati rifomulati in maniera più grave".

Di cosa si tratta?
"Si tratta di ingiurie e diffamazione a inferiore. Non c’entrano nulla con la storia della micia e si riferiscono a vicende successive. L’unica cosa che hanno in comune è chi mi accusa, ovvero il mio superiore che è il principale testimone d’accusa. Faccio presente che l’inferiore che sarebbe parte lesa nel procedimento non si è nemmeno costituito parte civile e che i fatti non riguardano la vita militare".

Comunque, non è ancora finita.
"Io vivo con grande sofferenza queste accuse, la vicenda è surreale da tutti i punti di vista. Il dibattimento è a porte aperte e vorrei che ci fossero la stampa e il pubblico affinché possano ascoltare con le loro orecchie le persone che mi hanno rovinato la vita per due anni".

Ma ha ottenuto un primo successo. Questo non la solleva?
"Sì e no. Non è comunque un giorno sereno, ma amaro, perché la mia vita è sospesa da maggio del 2012. Se per il reato più grave ‘il fatto non sussiste’, c’era un anno di tempo per capirlo. Inoltre, io sono un ufficiale della riserva selezionata, la mia carriera rimane macchiata da questa infamia che peserà per sempre".

Dato che è stata accusata ingiustamente di disobbedienza, intende procedere contro chi l’ha accusata?
"Questo lo sto valutando con il mio legale".

Intanto, ha questo processo da affrontare.
"La prossima udienza sarà il 7 marzo e poi il 4 aprile, quando potrebbe già andare a sentenza. Le imputazioni sono state istruite dallo stesso pm che mi ha accusata di disobbedienza".

Cosa la amareggia di più?
"Se un medico sbaglia paga, ed è giusto che paghi. Ma la vita delle persone non è solo biologica, è anche fatta di serenità e voglia di sorridere e da qualche mese a me queste cose sono state tolte. Quando io entro in sala operatoria sto attenta a quello che faccio...".

Tutto questo le è capitato perché è intervenuta su quella gatta. Alla luce di quanto successo dopo, lo rifarebbe?
"Rifarei tutto identico. Era mio dovere deontologico preciso intervenire, anche a fronte di una eventuale successiva condanna. Il fatto di salvare la vita di quella micia che stava diventando mamma l’avrei comunque messo davanti alla mia fedina penale. Altrimenti la gatta sarebbe morta in modo atroce, era impensabile lasciare un animale così. Secondo me, sarebbe stato un reato non intervenire, sapendo cosa fare per salvarla".

E lei lo sapeva.
"Infatti, i militari che l’hanno trovata hanno chiamato l’infermeria perché non sapevano come intervenire. Da parte loro, chiamare è stato un gesto di civiltà quanto il mio e la sensibilità che hanno dimostrato è stata identica alla mia. Questo dimostra che anche i militari sono persone che hanno ben chiaro cosa è giusto e cosa no. Poi, io sono incappata in altre persone che hanno voluto utilizzare questo episodio a fini di vendetta personale".

Enrico Barbetti