Bologna, 27 marzo 2014 - «LA VERITÀ rende liberi e quando sarete inondati di luce capirete». Lo scrive padre Michel su Facebook. «Si è voluto ingigantire troppo il semplice monito di mons. Silvagni, che rispettiamo — scrive l’Osma sul social network —. In relazione al passato del superiore generale quest’opera dichiara che il padre generale ha fatto un lungo percorso spirituale è giunto a riconoscersi pentito degli errori trascorsi sposando la Croce ed il servizio al prossimo». E nella ‘Casa Betania’, l’appartamento di via Irnerio che l’Opera affitta, uno degli ospiti dice di essere stato «tranquillizzato da padre Michel». «Ieri mi ha detto che è tutto in regola», spiega. Il procuratore aggiunto Valter Giovannini, portavoce della Procura, sull’avvio di accertamenti sull’Opera, il cui superiore generale è Gennaro Senatore, spiega: «In Procura leggiamo i giornali e, quindi, anche questa intricata vicenda. Al momento nessun soggetto ha rappresentato situazioni tali da procurare l’intervento del pubblico ministero». Tutto è nato dall’invito dell’arcidiocesi ai fedeli a diffidare dalla congregazione, spiegando che Senatore utilizza indebitamente gli abiti clericali e che i «sedicenti padri, preti o diaconi» non sono riconosciuti dalla Chiesa Cattolica.

L'intervista

QUANDO ha conosciuto padre Michel Upmann?
«Ci siamo visti la prima volta a luglio dello scorso anno, tramite un mia amica che era entrata nella sua organizzazione, l’Osma In quel periodo stavano nominando il padre generale e nella sede di via de’ Monari c’era una gran confusione, un viavai continuo di padri da tutto il mondo». A parlare è una donna bolognese di 55 anni che si è rivolta alla diocesi dopo aver frequentato l’Opera di via de’ Monari.

Perché si è avvicinata all’Opera San Michele e Arcangelo?
«Stavo attraversando un periodo di grande difficoltà nella vita privata e sul lavoro. Mi stavo separando da mio marito, mi sentivo molto fragile ed è stato come se qualcuno mi tendesse una mano. Mi sono fatta incastrare e ammaliare in modo del tutto sciocco».

Lei è credente e praticante?
«Mi sono avvicinata alla fede cattolica tre anni fa. E’ una scelta che ho fatto in modo molto tranquillo. Ho un rapporto sereno con la fede senza nessun tipo di fanatismo. Per questo certe cose mi lasciavano perplessa...».

Quali cose?
«Per esempio la statua di una Madonna che all’ingresso dell’Opera San Michele e Arcangelo trasudava olio o le donne in piagiama che pregavano con padre Michel».

Torniamo al vostro incontro. Cosa le ha detto padre Michel?
«Dopo una chiacchierata, mi ha detto che le mie difficoltà erano dovute all’influenza del maligno e che bisognava fare un esorcismo. Io gli ho creduto, mi sono fidata».

Poi cos’è successo?
«Sono tornata nel suo studio. Lui ha preso un olio, mi ha fatto un segno della croce sulla fronte, sugli occhi, sulla bocca, sulla gola e sulle spalle. Alcuni segni hanno iniziato a bruciare, ora sono convinta che mi abbia semplicemente spalmato qualcosa di irritante, ma sul momento mi diceva che bruciava perché avevo una forma di possessione da togliere e che subito dopo sarei stata meglio».

Chi c’era quel giorno con lei e padre Michel?
«La mia amica e un ragazzo che voleva diventare prete, ma in realtà faceva il suo segretario e gestiva le stanze dello studentato. Quel giorno nella stanza ho visto un piccolo certificato incorniciato».

Di cosa si trattava?
«Era l’attestato di partecipazione a un corso per esorcismi rilasciato da padre Amorth, forse era falso, ma ho letto per la prima volta il suo congome: Ubmann».

A cosa le è servito saperlo?
«A casa ho iniziato a fare una ricerca su internet e non trovavo nessuna immagine del suo volto: non esisteva padre Ubmann».

Nel frattempo ha continuato a frequentare l’Opera?
«Sì. Ci sono andata almeno altre quattro volte per diverse settimane. In una di queste occasioni sono rimasta molto colpita da un gruppo di donne che arrivavano da Napoli e pregavano con lui in pigiama. Un’altra volta, invece, padre Michel ha preso una reliquia, a suo dire di Santa Maria Goretti, e ce l’ha passata. Quando ho preso quel medaglione in mano è diventato pesantissimo. Padre Michel mi ha detto che avevo un legame speciale con quella santa su cui dovevamo lavorare. E con questo miei dubbi sono aumentati sempre di più».

Le chiedeva soldi?
«No. Diceva solo di aiutare l’Opera e fare offerte per le missioni e per una famiglia che stavano aiutando».

Che impressione le ha fatto padre Michel?
«È una persona di grande forza e carisma. Ha un potere di convincere le persone impressionante. Mi fa imbestialire il fatto che approfitti della fragilità e della debolezza della gente facendo credere quello che non è. Riusciva a sciacquare la testa delle persone. Io, per fortuna, ho aperto gli occhi».

Come ha fatto?
«A far scattare tutto è stato il voto di obbedienza che ha chiesto alla mia amica e ad altre persone. Mi sembrava follia. Poi quei riti non mi convincevano. Ho continuato a cercare informazioni su di lui e ho scoperto che era diventato prete un anno prima e che aveva diretto una testata: così sono arrivata al nome di Rino Senatore. Un giorno padre Michel ha pubblicato su Facebook la foto di un’auto dopo un incidente. Ha scritto che era la sua e che San Michele lo aveva salvato. Tutte balle. Quella era la foto di un incidente avvenuto a Treviso con quattro morti».

Poi cos’ha fatto?
«Io e la mia amica ci siamo rivolte alla Curia, abbiamo raccontato tutto e spiegato i dubbi che avevamo. Poi ci siamo allontanate definitivamente dall’Opera. Lei è stata quella più ferita e io mi sento una stupida e sono imbarazzata».

Emanuela Astolfi