Bologna, 5 aprile 2014 - Non si diventa padre Michel Upmann dall’oggi al domani. Ci sono voluti 44 anni e tante esperienze per fare dell’ex oste Gennaro Senatore detto Rino, che scriveva lettere minatorie firmate Pcc, il Superiore generale dell’Opera San Michele Arcangelo. La lunga maturazione passa attraverso un percorso che inizia il lontano 24 agosto 1969 ad Aarau in Svizzera, passa per Sansepolcro e Arezzo e approda a Bologna 34 anni più tardi.

Un percorso accidentato nel quale è possibile riconoscere almeno due costanti, la innegabile fantasia e la passione per l’uniforme in senso lato. L’abito talare è infatti solo l’ultimo approdo. In precedenza, Rino Senatore veste con disinvoltura sia la divisa da chef, costruendosi una riconosciuta professionalità in cucina, sia quella da soldato. Il corso da aiuto artificiere, sostenuto durante il servizio di leva nel profondo Nord, si ritorcerà però contro di lui: nelle more delle indagini su lettere minatorie e attentati incendiari del 2007, quel diploma costituirà un elemento fortemente indiziante a suo carico, e contribuirà a concentrare su di lui i sospetti dei carabinieri. Sempre la divisa è all’origine di un altro grattacapo risalente al suo periodo toscano: Rino Senatore, in occasione di una tornata elettorale, si presenta in un seggio vestito da ufficiale, ordina l’attenti e il riposo ai soldati in servizio di vigilanza, ma viene successivamente smascherato e la burla diventa la prima macchia del suo curriculum. I natali elvetici, che molto più tardi alimenteranno le leggende metropolitane attorno alle sue identità parallele, in realtà si spiegano con uno dei più comuni fenomeni sociali del nostro Paese: la mamma è emigrata per lavoro in Svizzera ed è lì che l’italianissimo Gennaro vede la luce. Ma è poco più che neonato quando la famiglia si stabilisce in Valtiberina a Sansepolcro, provincia di Arezzo.

«E’ cresciuto qui», ricorda un vecchio conoscente. Terra di boschi e vallate a perdita d’occhio, file di Tir sulla statale, cinghiali e cucina dai sapori forti. La stessa di cui Gennaro, una volta diventato Rino, sarà apprezzato ambasciatore. E’ già un ragazzo sopra le righe, manifesta talenti e inventiva che gli porteranno più guai che soddisfazioni. Studia in un istituto tecnico a indirizzo alberghiero e, da questo momento, nella sua carriera realtà e fantasia iniziano a intrecciarsi in un gomitolo sempre più inestricabile. La biografia «ufficiale», che egli stesso successivamente tramanda come chef del ristorante bolognese il ‘Bargello del Marchese’, prosegue con «una laurea in scienza dell’alimentazione a Lugano, con maestri come Gualtiero Marchesi e Giuseppe Carrozza, con dieci intensi anni di lavoro, svolti soprattutto in Asia nelle ambasciate di Bangkok e Thaiti, nei ristoranti delle più importanti catene alberghiere, dal Cairo a Marrakech». Di certo, negli stessi anni, Rino Senatore entra in rotta con la famiglia, che inizia a perderlo di vista. «Dopo il servizio militare non è stato più lo stesso», ricordano in Valtiberina.

La sorella, stimata professionista, e i genitori hanno sentito parlare di lui per l’ultima volta nel 2007, quando è stato arrestato. Dal Cairo a Marrakech, ritroviamo tracce certe di Rino Senatore nella vicina Arezzo. Ai fornelli ci sa indubbiamente fare e nel 2002 pubblica un volume di cucina: «Convivium. Toscana a tavola». Piatti, vini, galateo del palato. Roba da leccarsi i baffi per davvero. La nuova svolta nella vita di Rino è già dietro l’angolo. E’ il 2003 e lo chef delizia gli avventori della ‘Bruschetteria toscana’, localino appartato in via di Tolletta, pieno centro storico di Arezzo. Scocca la scintilla tra il giovane maestro e un’artigiana bolognese. Lei è in Toscana per lavoro e diventa prima sua cliente, poi la sua compagna. L’unione durerà tre anni. Senatore sceglie il cuore, diventa papà e si trasferisce sotto le Due Torri.

Oggi la ‘Bruschetteria’ non esiste più: al suo posto, ma con lo stesso numero di telefono, è subentrata prima l’Osteria delle Poste e, da un anno, il ristorante giapponese Tokio, con menu a buffet da 10.90 a pranzo e 16.90 a cena. I gestori non sanno nemmeno chi sia Rino Senatore, benché nel suo sfarzoso curriculum vanti il titolo di chef della casa imperiale giapponese. E’ l’impietoso contrappasso della storia e della globalizzazione gastronomica. (1 - continua)

Enrico Barbetti