Bologna, 16 aprile 2014 - UN PASSO avanti e due indietro, mezze frasi, ipotesi e controipotesi con la possibilità che possa accadere un evento ma anche il contrario. Come conclusione scientifica non è granché ma sufficiente per scatenare nuove paure sullo scenario sismico e ingarbugliare le scelte della politica. L’ultimo scossone in ordine di tempo, non registrato dall’Istituto di geofisica ma dall’opinione pubblica, arriva dagli scienziati. Sulla base di una valutazione che «non esclude ma non prova», la Regione Emilia Romagna blocca le nuove trivellazioni di idrocarburi.

La giunta, peraltro, aveva la relazione in mano da due mesi ma non l’aveva diffusa. Base scientifica traballante e paura in aumento, giusto a due anni dal sisma che fra Modena, Ferrara e Bologna provocò 27 morti, distrusse e danneggiò 4mila aziende. Il passo favorito dalla commissione Ichese è pericoloso perché se sulla base di questa ipotesi, cioè nulla di concreto, si innesca paradossalmente una reazione a catena e le trivellazioni rischiano lo stop in tutta Italia. Con un danno energetico clamoroso e aziende italiane che potrebbero dirigere il barometro degli investimenti all’estero. Abbiamo vicini di casa come la Croazia che fanno ponti d’oro alle aziende con un piano di estrazioni nel Mediterraneo e non solo.

DUNQUE il rischio per ora sembra più energetico che sismico. E, fra l’altro, questa anomala conclusione della commissione Ichese, secondo fonti attendibili, è stata motivo di scontro al momento della stesura con organismi governativi. Il fronte dei dubbi, dunque, era già ampio prima che il caso esplodesse nelle mani della giunta emiliano romagnola che ora nomina una seconda commissione per verificare più a fondo le ipotesi della prima. E speriamo che sulla moltiplicazione delle equipe di scienziati non si vada oltre, per ora. C’è prudenza o azzardo nelle parole dei ricercatori?

Di certo pesa indirettamente la condanna in primo grado dei sette sismologi della Commissione Grandi rischi del ministero condannati (6 anni) per aver fatto una «inefficace e superficiale» analisi del rischio prima del terremoto che il 6 aprile 2009 devastò l’Aquila. Una sentenza che ha fatto scattare il corto circuito. Da quel momento chi analizza fenomeni sismici o meteo si copre le spalle: non si può provare ma non si può escludere. La gente non capisce, la politica si incarta ed è tutto più confuso di prima.

Beppe Boni