Bologna, 17 aprile 2014 - Avete ‘pizzicato’ qualcuno che chiede una mazzetta per accelerare una pratica? O magari avete visto con i vostri occhi qualcuno che negli uffici non è proprio l’impiegato modello, tutto rigore e disciplina?

Da oggi la Regione Emilia Romagna vi incoraggia (anzi vi invita...) a fare la spia. Nell’ambito del piano anticorruzione, è stata prevista anche la figura del whistleblower — alla lettera ‘colui che fischietta’ — cioé l’informatore in grado di segnalare i comportamenti illeciti. Chi fa la spia non è figlio di Maria, recita il vecchio detto popolare, la filastrocca che ripetevamo da bambini quando qualcuno andava a spifferare alla maestra le marachelle dei compagni di classe.

Gli spioni, si sa, non godono di ottima fama, eppure tante indagini o inchieste giudiziarie non avrebbero avuto successo se non ci fosse stata una ‘soffiata’ giusta al momento giusto. La Regione Emilia Romagna, che a fine gennaio ha recepito e adottato le indicazioni nazionali per contrastare la corruzione, ha di fatto istituito anche la figura del ‘segnalatore’, che possa puntare il dito soprattutto su casi di corruzione o cattiva amministrazione. Insomma, è fra le prime regioni in Italia a ‘legalizzare’ gli spioni.

«In realtà non abbiamo inventato nulla: il whistleblower è contemplato già nel piano nazionale — spiega Lorenzo Broccoli, direttore del personale della Regione, che è anche responsabile anticorruzione —. Come abbiamo scritto anche in un documento ufficiale, per noi una segnalazione è espressione di senso civico e un segno di integrità, perché aiuta a prevenire i rischi per la Regione e per l’interesse pubblico».

Le soffiate possono arrivare sia dall’interno che dall’esterno della Regione, ed è stato predisposto un canale protetto, con un apposito modulo e un indirizzo email criptato: «Ovviamente le segnalazioni devono riguardare violazioni e problemi gravi, dalla frode alla corruzione o alle minacce, e non possono nascere da vendette personali o ripicche, per esempio di un dipendente verso un superiore», aggiunge Broccoli.

È fondamentale che le testimonianze siano circostanziate e precise: il ‘sentito dire’ qui non vale... I moduli vengono ricevuti e vagliati dalla struttura anticorruzione, composta da un nucleo strettissimo di persone, e le informazioni sono verificate entro 60 giorni. Nella prima fase viene garantito l’anonimato al segnalatore: se però l’informazione risulta fondata e si traduce in un procedimento penale o disciplinare, l’accusato deve potersi difendere, e quindi può essere rivelata l’identità dell’informatore.

L’autore della soffiata che va a segno non deve comunque aver paura di ritorsioni: «Non potrà essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad alcuna misura discriminatoria per motivi collegati alla sua denuncia», sottolineano in Regione. Ma attenti a fischiare al vento: se la segnalazione è palesemente falsa, rischiate di beccarvi una denuncia per calunnia o diffamazione. E il vento soffierà da un’altra parte...

Stefano Marchetti