Bologna, 20 aprile 2014 - “Non siamo soli nel nostro spesso tribolato vivere: fra noi è realmente, veramente presente Gesù, il Signore risorto”. Lo ha detto il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, durante la messa di Pasqua, celebrata in cattedrale. In mattinata il cardinale ha invece officiato il rito nel carcere della Dozza. "Solo la risurrezione corporea di Gesù - continua il cardinale Caffarra nell'omelia di Pasqua - ci ha dato il diritto di sperare che la morte non dirà su di noi l’ultima parola: ricevendo il Corpo del Signore risorto riceviamo la medicina che ci dona la vita eterna".

Ecco il testo completo dell'omelia pasquale:

Cari fratelli e sorelle, la fede nella risurrezione di Gesù pone una domanda fondamentale alla nostra intelligenza e al nostro cuore. E cioè: il fatto della risurrezione quali conseguenze ha per noi, per il mondo nel suo insieme, per ciascuno di noi personalmente? Oppure è un fatto consegnato al passato e del tutto estraneo al nostro destino? Vorrei ora brevemente aiutarvi a dare una risposta a questa domanda.
Ciò che scandalizza la testimonianza resa dagli Apostoli alla Risurrezione, era che di essa parlavano come di un evento che includeva il corpo di Gesù. E così è stato lungo i secoli.
Quando noi perdiamo una persona amata, ciò che ci fa soffrire è la sua assenza visibile, il non poterla più vedere, abbracciare. E’ la sua presenza carnale che ci manca.
Un Gesù vivo solo secondo il suo spirito, senza corpo, non ci basta, perché siamo fatti di carne e spirito. Non solo. Un tale Gesù sarebbe sempre nel rischio di essere solo pensato, mai veramente incontrato. E infine ma non dammeno, la redenzione operata da Gesù non riguarderebbe il nostro corpo, che è dimensione costitutiva della nostra persona.
Se colla sua risurrezione Gesù si fosse definitivamente disfatto del suo corpo; se fosse diventato un puro spirito; se quella carne in cui aveva sofferto per noi ed aveva umanamente vissuto, gli fosse stata di troppo  nella sua nuova vita, tutto il cristianesimo sarebbe caduto, perché Gesù il Vivente non sarebbe più stato del tutto uomo.
Gesù risorto è vivente in tutta la sua umanità; è vivente nel suo corpo: il corpo concepito da Maria. Gesù quindi non ci ha abbandonati; il suo corpo trasfigurato lo lega per sempre alla terra. Egli è diventato per sempre nostro fratello carnale.
Tutto questo rende possibile il sacramento dell’Eucarestia. Essa infatti non è niente di più e niente di meno che il Corpo e il Sangue trasfigurati di Gesù, con tutto ciò che vive in Lui. Fra il corpo risorto del Signore [che è, nella sua essenza, il corpo terrestre di Gesù] ed il suo corpo eucaristico c’è identità.
Vedete come la Risurrezione ha reso possibile che Gesù continuasse ad essere presente fra noi, col suo vero corpo. «Ave, verum corpus natum de Maria Virgine», dice un antico inno eucaristico.

Dunque, cari fratelli e sorelle – e finisco – non siamo soli nel nostro spesso tribolato vivere: fra noi è realmente, veramente presente Gesù, il Signore risorto. Egli si è definitivamente inserito come presenta amorevole nel divenire della nostra storia: per informarla, trasfigurarla, e portarla a termine. In Lui è già accaduto ciò che alla fine accadrà in ciascuno di noi: il superamento della morte, la trasfigurazione del nostro corpo, la vita eterna con Dio. Solo la risurrezione corporea di Gesù ci ha dato il diritto di sperare che la morte non dirà su di noi l’ultima parola: ricevendo il Corpo del Signore risorto riceviamo la medicina che ci dona la vita eterna.