Bologna, 23 aprile 2014 - DAI TITOLONI sulla cessione di droga e i festini al normale lavoro d’ufficio. Il professor Alessandro Serretti, dopo alcuni mesi di ferie, è tornato all’Alma Mater. Insegna (gestisce un modulo di Psichiatria), parla con gli studenti e attende il suo destino. Giudiziario: su di lui pende un’inchiesta per cessione di droga e concussione sessuale. Amministrativo: l’Alma Mater ha avviato un’istruttoria delicatissima che potrebbe portare anche a una sanzione.

A fine novembre, infatti, era deflagrato il caso dei presunti favoritismi per pubblicazioni scientifiche e turni di lavoro più comodi a una ristretta cerchia di specializzandi. Il prof Serretti, in alcuni incontri, avrebbe anche ‘stimolato’ l’utilizzo di sostanze stupefacenti e di alcolici, oltre ad avere avuto relazioni con alcune studentesse che, per questo, avrebbero goduto di un trattamento privilegiato in Università. Dai racconti dei ragazzi si era giunti all’inchiesta dei pm. Anche per superare la bufera mediatica iniziale, Serretti era andato in ferie. Fino a pochi giorni fa, quando ha esaurito i giorni di riposo e si è ripresentato al lavoro.

Contestualmente, l’Università ha anche risposto alla sua richiesta di un anno sabbatico per ‘staccare’ dalla Scuola di specializzazione di Psichiatria e dedicarsi alla ricerca, ambito dove Serretti figura tra i cento migliori scienziati italiani secondo vari siti. Il dibniego è arrivato anche perché l’anno sabbatico non è una ‘vacanza’, ma un premio, un’occasione retribuita che l’Ateneo concede alle sue menti quando c’è il bisogno di approfondoire un tema o preparare una pubblicazione o, ad esempio, c’è la necessità di un periodo di ricerca all’estero. In questo senso, l’anno sabbatico sarebbe stato visto come un premio e per questo si è deciso di attendere gli sviluppi dell’inchiesta giudiziaria. L’Alma Mater, infatti, non è ferma, ma vigile e in attesa di un’eventuale richiesta di archiviazione o rinvio a giudizio nei confronti del docente.

Con grande sensibilità e fatica, inoltre, si sta cercando di gestire la situazione alla Scuola di specializzazione in modo che non ci siano contatti diretti tra il prof e le sue accusatrici o accusatori (sia sul fronte delle lezioni, che su quello dei turni e delle commissioni d’esame). Insomma, la linea è quella dell’attenzione.

AL LAVORO i carabinieri, che hanno concluso la raccolta delle testimonianze e una serie di altri accertamenti per confermare o smentire il pesante quadro tratteggiato in un documento di 16 pagine, firmato da 25 specializzandi su 32, spedito al Garante degli studenti e finito sui tavoli della Procura. Negli ambienti investigativi la parola d’ordine continua a essere «cautela». In particolare, sul fronte della concussione, dai racconti finora messi a verbale non sarebbe emerso un quadro univoco.