Bologna, 30 aprile 2014 - Nata come azienda agricola nel 1928, oggi la Romagnoli Fratelli spa — impresa di famiglia gestita da Giulio e Grazia Romagnoli, insieme con la madre — è una delle principali realtà specializzate in patate: da seme, fresche e trasformate.

Nel 2013, l’azienda — che occupa 58 dipendenti — chiude con un fatturato di 33,5 milioni di euro. Fra settembre e dicembre del 2013 ha commercializzato 15.350 tonnellate di patate italiane (94,6%), 770 tonnellate di patate francesi (4,7%) e 96 di prodotti tedeschi e inglesi (0,6%).

Giulio Romagnoli, le è capitata una bella patata bollente...
«Parlerei di patata ribollita. Il servizio di Report è stato costruito su una notizia vecchia, apparsa 5 mesi fa sulla stampa. E riguarda non un flusso, ma solo due partite di patate in entrata, sequestrate dalla Forestale a dicembre e dissequestrate ai primi di febbraio, appena verificata la perfetta conformità e salubrità del prodotto».

Era merce pronta per essere messa in commercio?
«No. Era merce in entrata, franco arrivo. La fase di immissione in commercio sarebbe avvenuta solo dopo tutti i controlli amministrativi e di qualità, se le procedure non fossero state interrotte dall’arrivo della Forestale».

Intanto, però, è partita un’inchiesta della Procura.
«Vero, ma per aspetti amministrativi che non hanno nulla a che vedere con l’associazione a delinquere, ipotesi di reato indicata dalla giornalista Milena Gabanelli. A meno che la signora Gabanelli non abbia accesso a carte che nemmeno i legali degli interessati possono conoscere».

Si parla anche di un’auto, un’Opel Corsa che lei avrebbe regalato al responsabile acquisti di una catena della grande distribuzione.
«La vicenda dell’auto non c’entra nulla. Posso produrre copia della lettera inviata anche alla redazione di Report prima della messa in onda del servizio».

Può rivelarne il contenuto?
«C’è tutto ciò che riteniamo corretto comunicare. Non mi addentro nei particolari perché riguardano persone che, non avendo alcun ruolo pubblico, hanno diritto alla tutela della propria privacy».

Il servizio di Report, però, è sembrato ben documentato.
«C’è da chiedersi perché Report abbia voluto riscaldare l’episodio, associandolo a circostanze personali che in tutta evidenza non hanno alcuna attinenza con la filiera delle patate e con il tema dell’inchiesta».

Che cosa non la convince?
«A mio avviso, il giornalista ha compiuto l’errore di fidarsi della fonte e di immaginare di avere trovato la pistola fumante. Invece ha preso un granchio e ora la redazione dovrà risponderne. Mi spiace per il giornalista... dava l’impressione di essere una persona competente, invece si è comportato non da giornalista, ma da lavoratore dell’industria dello spettacolo. Lo dico con rispetto nei confronti di sceneggiatori, attori e registi che, però, fanno un altro mestiere».

Con che spirito affronta la vicenda?
«C’è massima serenità e fiducia in chi è deputato a fare chiarezza. Questo tipo di spettacoli non disturba questa serenità, ma certo dà solo più lavoro agli avvocati».

Luca Orsi