Bologna, 31 maggio 2014 - Il contenzioso civile tra i parenti di Michelangelo Manini e la Curia sull’eredità Faac potrebbe risolversi con un accordo. Nel più completo silenzio, tanto che zii e nipoti smentiscono la notizia mentre in Arcidiocesi nessuno conferma che si stia cercando un’intesa, le due parti da qualche settimana stanno dialogando su una proposta presentata dagli stessi parenti. Nelle varie azioni legali a loro si è aggiunto il dentista modenese Lucio Corneti, che nel giugno del 2012 ha pubblicato un testamento in cui Manini lo nominava suo erede universale.

Un gruppo unico che si sarebbe dichiarato pronto a ritirare le diverse cause civili a fronte del versamento di 80 milioni di euro, da dividersi non in parti uguali tra il medico e i 7 parenti.

Questa offerta è stata bocciata dalla Curia che ritiene non autentica la scheda testamentaria fatta pubblicare da Corneti e, su precisa denuncia del Cardinale Carlo Caffarra, della questione si sta occupando il tribunale di Modena, dove il dentista si sta difendendo dall’accusa di aver presentato un falso.

Fin dall’inizio di questa vicenda (Manini è morto nel marzo del 2012 senza eredi diretti), Caffarra si era dichiarato disponibile a riconoscere economicamente qualcosa agli eredi legittimi, a fronte di un’eredità inizialmente quantificata intorno a 1,7 miliardi euro, mentre ha sempre chiuso le porte al medico e a Mariangela Manini, essendo semplice cugina.

Tolti i 30 milioni chiesti Corneti, si starebbe continuando a dialogare per chiudere la questione in modo amichevole. Ai parenti andrebbero circa 50 milioni di euro, con lo zio Carlo Rimondi che sarebbe pronto a rinunciare al sequestro del 66% delle azioni della Faac. Attualmente queste sono affidate ad un custode, il professor Paolo Bastia, che le gestisce e, se non cambieranno le cose, a metà mese oltre ad approvare il bilancio dovrà anche provvedere alla nomina di un nuovo consiglio di amministrazione. L’attuale è stato nominato dalla Curia e ha lavorato bene, chiudendo il 2013 con un fatturato di 238 milioni di euro, ma Bastia avrebbe intenzione di cambiare il Cda stando alle comunicazioni passate tra lui e il cardinale. Se, invece, il sequestro dovesse essere revocato, allora l’Arcidiocesi provvederebbe a rinnovare il cda uscente.

Questo non è il primo tentativo di dialogo dei parenti, in passato alcuni di loro attraverso i rispettivi avvocati coinvolsero il cardinale Giuseppe Versaldi, presidente della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, e il cardinale Domenico Calcagno, presidente della amministrazione della sede apostolica, senza ottenere il risultato sperato. Nonostante fu più volte tirato in ballo, non se ne occupò il cardinale Tarcisio Bertone: "Della vicenda Faac non me ne sono mai occupato", ha ribadito l’ex segretario di stato. 

Dai parenti arriva massima cautela, per timore che la trattativa fallisca. "Smentiamo si sia arrivati a un accordo", dice una nota di alcuni. "Io ho sempre affermato che la posizione intransigente della Curia — dice Mariangela Manini — non avrebbe sortito altro effetto se non quello di mettere in cattiva luce tutte le parti. Ovviamente come in ogni vertenza ogni porta è aperta e quindi non escludo, anzi auspico, che si possa arrivare ad una conclusione decorosa per tutti". "Qualcuno con voglia di protagonismo — dice Alessandro Rimondi, figlio di Carlo, in relazione all’uscita della notizia — ha voluto piantare una bandierina pur di non mollare l’osso".

Massimo Selleri