Bologna, 11 giugno 2014 - “Chi cambia sesso - e tale decisione provoca lo scioglimento del suo matrimonio - deve poter mantenere, nel caso in cui entrambi i coniugi lo richiedano, un rapporto di coppia giuridicamente regolato con un’altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalita’ da statuirsi dal legislatore”. Lo ha sancito la Corte Costituzionale, con una sentenza depositata stasera.

La Consulta afferma che la legge n. 164 nel 1982, contenente norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso, e’ incostituzionale perche’, sciolto il matrimonio in conseguenza del cambiamento di sesso, non prevede la possibilita’ che intervenga un’altra forma di convivenza giuridicamente riconosciuta “che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalita’ da statuirsi dal legislatore”.

I giudici hanno dunque ritenuto fondate le questioni sollevate, nel giugno dello scorso anno, dalla prima sezione civile della Corte di Cassazione nell’ambito di una causa intentata da una coppia di Bologna (lei originaria di Mirandola nel Modenese) che, a seguito della decisione del marito di cambiare sesso, si era vista annullare automaticamente dall’ufficiale di stato civile il matrimonio.

Il Tribunale di Modena aveva accolto il ricorso dei coniugi, ma il verdetto era stato ribaltato dalla Corte d’appello di Bologna. La Cassazione, nel terzo grado di giudizio aveva deciso di inviare gli atti alla Corte Costituzionale. La Consulta ha ritenuto violato dalle norme in materia di rettificazione di sesso, le quali prevedono lo scioglimento di un eventuale matrimonio in atto senza pensare ad una forma alternativa di rapporto di coppia, l’articolo 2 della Costituzione, concernente i diritti inviolabili dell’uomo.