Bologna, 3 gennaio 2016 - Sulle vetrine i cartelli indicano sconti fino al 50 per cento. Ma le vendite speciali iniziano ancor prima di varcare la soglia dei negozi: «Dai, c’è lo sconto primo cliente». Sono loro, gli abusivi, quell’intera zona grigia del commercio che da inizio dicembre ha iniziato a popolare i portici di via Indipendenza e non solo.
E solo ieri, intorno all’ora di pranzo, erano una quarantina quelli appostati sulla via dello shopping per eccellenza. Un mondo a sé, dove non esistono regole, né fisco e dove il pagamento scivola via veloce, brevi manu, in contanti. Con le festività la loro presenza si è fatta sempre più massiccia, ma non è l’unica e il centro adesso è lottizzato: questuanti sotto il Pavaglione; abili artisti con origami di foglie e acquerelli in via Rizzoli; vu cumprà in via Indipendenza. I punkabbestia con i cani, alla ricerca continua di una monetina, sono ormai in via di estinzione o spuntano solo in zona universitaria.
Qualcuno, forse, la licenza per il commercio ambulante potrebbe anche averla, ma adesso a chiedere di porre fine al proliferare di ‘negozi in doppia fila’ sotto i portici sono proprio i commercianti del centro. Il Comitato autonomo dei commercianti di via Indipendenza chiederà a stretto giro un incontro con l’assessore Malagoli, ma la speranza che si possa fare qualcosa è vana: «Quand’era sindaco Vitali, con tutti i suoi difetti, almeno alla gente rispondeva – racconta Luigi Pasquini, ottico e coordinatore del comitato –. Questo sindaco non ha mai risposto a nessuna delle nostre petizioni, nonostante le raccolte firme. E se non c’è volontà politica, questa situazione non si risolverà mai».
L'esempio della ‘situazione’ è arrivato proprio ieri, in tarda mattinata, cambiando il volto di un sabato qualsiasi. Tra le 12,30 e le 13 una squadra di abusivi ha iniziato a colonizzare i portici tra i civici 12/a e 34/b. Borse contraffatte di noti marchi d’alta moda, piumini e giubbotti sportivi di altrettanti costosi brand, ma anche scarpe da ginnastica, portafogli e profumi. E gli affari vanno a gonfie vele.
Giovani e famiglie intere si fermano, si tolgono i propri cappotti in mezzo alla gente che passa per provare i nuovi capi d’abbigliamento che in negozio non costano meno di 300 euro. Là, invece, la bazza-patacca la porti a casa con 50 euro. «Ce l’hai di una taglia più piccola?», «ce l’hai in rosso?» chiedono pretenziosi i clienti, mentre il venditore di turno s’infila nei borsoni stracolmi crecando di portare a casa l’affare. «Non ho la cifra che mi chiedi», prova a ribattere qualcuno, «dai, dimmi quanto hai con te, ci mettiamo d’accordo. Dimmi quanto vuoi spendere». E dire che la fregatura è dietro l’angolo anche con le patacche: per la stessa borsa ti possono chiedere 75 o 45 euro nel giro di dieci metri.
Alcuni, molti a dire la verità, vengono da Rimini come raccontano loro stessi. Sostengono di essersi riforniti di borse a Genova negli stessi posti dove vanno anche i negozianti, ma hanno fretta di chiudere le vendite: all’arrivo del primo vigile occorre fare fagotto e scappare, e gli acquisti d’impulso, lo sanno anche gli abusivi, sono i migliori. «Sono organizzati – spiega Pasquini –. Arrivano in gruppo, poi qualcuno li rifornisce. C’è chi è addetto a controllare quando arriva la polizia e, una volta, mentre scappavano, sono stato colpito da un borsone e buttato in mezzo a un portico. Quando Mattarella, l’altra sera, ha parlato di evasione fiscale ho cambiato canale. Vorrei proprio sapere cosa conta di fare questa giunta per il centro storico».
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