Sant'Orsola, così un bimbo africano è salvo con la 'cura dell’aranciata'

Il professor Gaetano Gargiulo e un delicato intervento di cardiochirurgia pediatrica al Sant’Orsola

Il professor Gaetano Gargiulo

Il professor Gaetano Gargiulo

Bologna, 26 giugno 2017 – «A tre anni è stato tenuto in vita grazie all’aiuto dell’aranciata – dice così, in modo sorprendente, il professor Gaetano Gargiulo, direttore della Cardiochirurgia Pediatrica del Sant’Orsola, a venti giorni dall’intervento sul bimbo –. Ormai è fuori pericolo, gioca con gli altri piccoli ricoverati e presto potrà tornare nel suo Paese d’origine, lo Zimbabwe».

Professor Gargiulo, che cos’è la cura dell’aranciata?

«Il bambino, che chiameremo Adem, era affetto da una cardiopatia congenita, la Tetralogia di Fallot, con una scarsa presenza di ossigeno nel sangue: normalmente noi abbiamo valori che superano il 95%, mentre i suoi erano appena intorno al 60%. Per questo il dottor Gabriele Bronzetti, della Cardiologia pediatrica diretta dal professor Marco Bonvicini, che a maggio era andato in Africa, nella ‘Missione Luisa Guidotti’, ha deciso di portarlo in Italia: senza un intervento rischiava di morire. Durante il viaggio, Adem appariva molto stanco e aveva bisogno di essere idratato. In questo tipo di cardiopatia è essenziale, se non si usano farmaci particolari, che il cuore abbia sempre un buon volume di riempimento e quindi questi bambini non devono essere disidratati per non ridurre il volume della massa ematica circolante. E per invogliarlo a bere gli è stata data continuamente dell’aranciata, l’unica bevanda a disposizione oltre l’acqua. Da qui nasce la nostra metafora dell’aranciata come cura».

L’intervento è stato rischioso?

«Questi interventi ormai in Italia si eseguono nei bambini intorno ai sei mesi di vita, ma operare in queste condizioni sicuramente è più rischioso. L’operazione è durata circa 4 ore e abbiamo eseguito una correzione completa della cardiopatia, chiudendo il difetto della parete che divide i due ventricoli all’interno del cuore, ed è stata allargata la via polmonare per permettere al sangue di raggiungere agevolmente i polmoni. Tutto si è svolto come ci aspettavamo e dopo pochi giorni di terapia intensiva il bambino si è ripreso e ha ricominciato una nuova vita».

Chi ha accompagnato il bimbo dall’Africa?

«La mamma. Temeva di perdere il figlio e quando si è resa conto che l’intervento era perfettamente riuscito e Adem stava bene, ha abbracciato tutti per ringraziarci. Una scena commovente, molto toccante».

State assistendo altri bambini stranieri?

«Da pochi giorni sono arrivati al nostro centro due bambini tunisini con gravissime cardiopatie congenite. Uno aveva un cuore con un solo ventricolo e l’altro una mancanza completa dell’arteria polmonare principale. Adesso stanno benissimo e abbiamo festeggiato tutti insieme, prima del ritorno nei loro Paesi. Dare una speranza a questi bambini e mettere loro a disposizione, grazie alla Regione, tutti i vantaggi che una struttura tecnologicamente avanzata come il nuovo Polo cardio-toraco-vascolare può dare, ci riempie di gioia e ci da grande soddisfazione».

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