Biblioteca di via Zamboni, trasferiti i lavoratori minacciati

Guerra dei tornelli: "Noi derisi dai collettivi". La direttrice: "Hanno creato un clima di terrore"

La biblioteca di via Zamboni 36 dopo lo sgombero

La biblioteca di via Zamboni 36 dopo lo sgombero

Bologna, 23 febbraio 2017 - Continua l’odissea dei bibliotecari e degli impiegati della biblioteca di via Zamboni 36. Se per gli studenti, pure privati di un prezioso luogo in cui studiare, è stato riattivato il servizio di prestito e restituzione dei libri a due portoni di distanza, nella biblioteca di Italianistica in via Zamboni 32, per chi al 36 lavorava ogni giorno le cose sono diverse. Fino a lunedì, gli uffici sono stati operativi e i dieci componenti del personale, col portone ben serrato, hanno continuato a lavorare lì; poi però sono stati spostati in un altro luogo, dato che a causa dei danni riportati durante gli scontri del 9 febbraio la struttura potrebbe non essere sicura.

Un trasferimento forzato, ma che è stato accolto come un sollievo dai dipendenti, come spiega la responsabile della biblioteca, Mirella Mazzucchi: “Al 36 ormai lavoravamo ogni giorno nel terrore: i 30 scalmanati che hanno assaltato la biblioteca gironzolavano sempre lì intorno, ci deridevano e minacciavano. Noi ci chiudevamo dentro, ma appena uscivamo ce li trovavamo davanti”.

E, mentre continuano le perizie ai danni all’edificio e le stime delle perdite dei libri (per ora mancano all’appello circa dieci volumi), non si sa ancora quando la biblioteca potrà riaprire. “I danni sono grossi – stima la responsabile –. C’è un antitaccheggio divelto, due porte forzate, un muro danneggiato, la porta di emergenza di vetro sfondata, diversi tavoli e sedie rotti o rovinati. Fortunatamente non sono riusciti ad arrivare all’archivio sotterraneo, perché abbiamo tolto la corrente agli ascensori, oppure avrebbero rischiato una brutta fine anche i libri più preziosi”. Altri danni sono stati riportati dal soppalco, già occupato nel 2013 e dichiarato poi inagibile, che è stato utilizzato dagli attivisti del collettivo per entrare nella biblioteca dopo che le porte erano state chiuse: «C’era una parete di legno – racconta ancora la responsabile –, che divideva la zona studio dal soppalco inagibile. Loro l’hanno sfondata. Erano mascherati, hanno usato un piede di porco».

Nessuna buona notizia, quindi, sulla tempistica della riapertura: “In tutto, dubito che i lavori possano durare meno di un mese, un mese e mezzo – riflette Mazzucchi –. Ma anche allora, se non saranno presi i provvedimenti promessi e resterà impossibile una mediazione con i ragazzi, non riaprirò la biblioteca: loro tornerebbero immediatamente e rifarebbero tutto”. Una chiusura forzata che non danneggia solo studenti e bibliotecari: “Gli addetti alla sorveglianza adesso sono a casa, senza un lavoro. Tutti noi non vediamo l’ora che il 36 riapra, ma non con questa tensione”, conclude la responsabile.

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