Bologna, discoteca Capannina, si spengono le luci. I giudici: "Va demolita"

Abuso edilizio alla discoteca sui Colli, nuova sentenza del Consiglio di Stato

Bologna, i ritagli del Carlino del '79, quando esplose il caso Capannina

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Bologna, 22 febbraio 2018 - Se non fosse una storia vera, avrebbe tutte le caratteristiche della telenovela. Ci sono le feste, le auto di lusso e le belle donne. Ci sono i buoni ma soprattutto i cattivi – a seconda dei punti di vista – tenuti insieme, puntata dopo puntata, da un braccio di ferro virtuale dall’esito incerto. Un braccio di ferro giudiziario, in questo caso, dove la trama dell’ultima puntata l’ha scritta il Consiglio di Stato, il 31 gennaio: nessuna sospensiva per la Capannina, avanti con l’ordinanza del Comune per demolire gli abusi edilizi nella discoteca sui Colli, in via San Vittore. Un’ordinanza che, dopo tutto, nel 2019 festeggerà ‘solo’ i suoi primi 40 anni e che, se continua così, potrà benissimo ambire a scalfire il record di Sentieri e dei suoi 57 anni di messa in onda.

Riassunto degli episodi precedenti. L’imprenditore e playboy Paolo Pazzaglia acquistò la Capannina nel ’74, trasformandola in una delle discoteche più in voga della regione. Negli anni la discoteca crebbe di notorietà ma soprattutto di dimensioni, arrivando a una superficie di circa 445 metri quadrati. Di autorizzato, però, ce n’erano molti meno, pari a un appartamento di medie dimensioni e il Comune reagì con l’ordinanza di demolizione rimasta in frigo fino adesso. Perché nel 1985, al primo maxi condono utile, Pazzaglia sanò tutto. O almeno credette di farlo, perché sulla sanatoria l’ultima parola è della Soprintendenza. La Capannina ottene la concessione edilizia in sanatoria dal Comune solo il 13 gennaio 1995, ma quando lo stesso fascicolo approdò in Soprintendenza, il 13 luglio dello stesso anno, venne bocciata negando l’aurotizzazione paesaggistica: dal 1955, infatti, insiste sui Colli un vincolo paesaggistico che rende, a differenza di altre zona della città, irrealizzabili le opere fatte e insanabili quegli abusi. Immediata la reazione di Pazzaglia che con la sua Giulia srl (la società che detiene la discoteca) ricorse, perdendo, sia al Tar nel 2008 che al Consiglio di Stato nel 2016.

Tutto finito? No di certo. Vinto l’ultimo grado di giudizio, il Comune ha ‘scongelato’ l’ordinanza del ’79, servendola a Pazzaglia nell’assolata estate del 2017, insieme con il termine perentorio di demolire le opere abusive, salvo poi farlo coattivamente l’amministrazione e poi rivalersi su di lui. Ma contro quelle ordinanze Pazzaglia ha ricorso al Tar chiedendo la sospensiva: il merito è fissato al 14 novembre 2018, mentre la sospensiva, concessa a novembre scorso, è stata impugnata dal Comune che ha ottenuto ragione il 31 gennaio in Consiglio di Stato.

E quindi, viene da chiedersi? "Il carattere abusivo delle opere per cui si controverte è incontroverso, risultando dal fatto storico non contestato per cui per esse fu a suo tempo presentata domanda di condono edilizio – scrivono, quasi anticipando il merito del 14 novembre, i giudici amministrativi –. In mancanza di un titolo edilizio rilasciato in sanatoria vanno demolite". E, infatti, "a seguito dell’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica – continuano – anche il titolo edilizio rilasciato prima che l’autorizzazione diventasse incontestabile da parte del ministero deve ritenersi venuto meno. Non vi sono quindi ragioni per mantenere le opere in questione".

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