Bologna, Zuppi riorganizza la Diocesi. In arrivo nuovi parroci

In particolare non ci saranno più singole parrocchie ma zone pastorali con divisione per ‘distretti’

L’arcivescovo Matteo Zuppi (foto Schicchi)

L’arcivescovo Matteo Zuppi (foto Schicchi)

Bologna, 7 ottobre 2017 - L’arcivescovo Matteo Zuppi ridisegna la Diocesi di Bologna. Non più singole parrocchie ma zone pastorali, una sorta di divisione per ‘distretti’ dove più realtà parrocchiali faranno capo a un’unica chiesa collegiata. Saranno rivisti anche i confini dei vicariati, che saranno divisi in quattro settori (centro storico; periferia; pianura; montagna). E non è nemmeno escluso che qualche parrocchia possa sparire. Sono le linee dettate dallo stesso arcivescovo di Bologna nella sua lettera pastorale, diffusa il 4 ottobre in occasione della festa di San Petronio, patrono della città.

“Dobbiamo pensare a zone pastorali - scrive Zuppi- dove una chiesa collegiata o pieve coordini più parrocchie e realtà ecclesiali, senza perdere anche nella denominazione il senso della comunione e della maternita’ della Chiesa”. Le parrocchie “continuano di norma a esistere”, precisa l’arcivescovo, ma “con le necessarie eccezioni”, per “garantire identità e riferimento per le varie comunità cristiane: sono la struttura-base della pastorale”. Allo stesso tempo, però, Zuppi esorta in particolare le piccole parrocchie a collaborare tra realtà vicine, ad esempio sui gruppi giovani, i corsi di preparazione al matrimonio, la formazione dei catechisti e la Caritas. Inoltre, sarà “necessario studiare i modi perché le amministrazioni delle singole parrocchie non appesantiscano la vita dei parroci”. Ad esempio, suggerisce l’arcivescovo, i consigli per gli affari economici, che sono obbligatori per tutte le parrocchie, “potranno essere anche unici per zone pastorali o per realtà legate da storia o territorio”. Per alcuni vicariati, anticipa ancora Zuppi, “occorrerà rivedere i confini per una migliore organizzazione e articolazione” e, in generale, saranno iscritti in quattro settori: centro storico; cerchia periferica; pianura; montagna”. L’arcivescovo auspica che “vi sia almeno un’assemblea annuale di zona o di settore” e accanto alle zone pastorali prevede la creazione di “diaconie per gli ambiti non territoriali, come i giovani, la sanità, il turismo, la cultura, il lavoro, l’universita’”. Su questo piano di riassetto, assicura Zuppi, ci saranno “momenti di verifica” e tutte le comunità saranno coinvolte, “per trovare le soluzioni più adeguate”.

L’ingresso dei nuovi parroci, aggiunge, “è fin da adesso un’occasione opportuna per avviare questa prospettiva, coinvolgendo la comunità. Sarà mia premura programmarli”. Zuppi ci tiene poi a precisare che “non si tratta di una rivisitazione obbligata dalla scarsità del clero”, ma la scelta di “affidare questo progetto a tutto il popolo di Dio e a tutti i soggetti che lo compongono. Siamo oltre la logica dell’emergenza, oltre la tentazione di trovare facili soluzioni tecniche”. L’arcivescovo assicura: “Non siamo interessati ad amministrare un ripiegamento, ma a individuare modi e strumenti per poter raggiungere tutti. Non vogliamo essere prigionieri di una logica di funzionalità che non tiene conto della realtà e della storia di ogni singola realtà o parrocchia”. Vero è, però, che la Chiesa di Bologna “sta vivendo una vera trasformazione ecclesiale”, ammette lo stesso Zuppi, e proprio a causa della crisi delle vocazioni. “Un terzo dei nostri presbiteri ha più di 75 anni- sottolinea- e sono molti meno di quando il cardinal Biffi si lamentava perchè i preti erano pochi rispetto alle esigenze pastorali. Oggi ce ne accorgiamo tutti. Alcuni preti hanno sette parrocchie, qualche comunità si sente abbandonata. La struttura ecclesiale attuale appare non sufficiente a rispondere alle nuove domande”. Questa trasformazione, però, “va vissuta come un’opportunità- ammonisce Zuppi- senza cedere a inutili lamentele”. L’arcivescovo invita anche ad aprire di più ai laici. “La Chiesa è ancora troppo clericale- afferma Zuppi- i sacerdoti sono necessari, ma non servono laici clericalizzati o clero laicizzato. Servono corresponsabilità e comunione. Dobbiamo perdere la diffidenza verso l’autentica responsabilità dei laici, né ridurla alla consulenza su questioni materiali o mondane”.

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