Covid Bologna: "Così abbiamo salvato la bambina di 11 anni"

Sant'Orsola, l’anestesista Di Luca: "L’abbiamo curata e coccolata. Ma ora in reparto abbiamo altri quattro giovani pazienti gravissimi"

Daniela Di Luca è responsabile della Terapia intensiva Covid al Policlinico

Daniela Di Luca è responsabile della Terapia intensiva Covid al Policlinico

Bologna, 21 marzo 2021 - La piccola di 11 anni, ferrarese di origini pakistane, ce l’ha fatta. Ha sconfitto la battaglia più complicata contro il Covid e ieri mattina è uscita dal reparto di Terapia intensiva al padiglione 25 dell’ospedale Sant’Orsola. Salutata con affetto da medici e infermieri, che in questo mese si sono presi cura di lei – "L’abbiamo anche un po’ viziata: le portavamo da mangiare tutto quello che voleva, pizza e patatine, e le facevamo vedere i video di Ariana Grande...", ammettono –, e abbracciata da un commosso papà, trasportato apposta da Ferrara dal 118.

Covid 21 marzo 2021: bollettino oggi coronavirus. Contagi Italia e Emilia Romagna Ora starà con la sua bambina, finalmente fuori pericolo, in Terapia subintensiva, finché, la prossima settimana, i sanitari decideranno in che reparto trasferirla. La mamma è dovuta rimanere a casa con i fratellini più piccoli, ma in ogni caso in questi giorni si sono sempre tenute in contatto con videochiamate tramite tablet.

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"La bimba è arrivata da noi il 25 febbraio, in condizioni gravissime – spiega l’anestesista Daniela Di Luca, alla guida del reparto di Terapia intensiva al padiglione 25 – . Respirava da sola, ma molto a fatica e presto le cose sono precipitate. Abbiamo dovuto attaccarla alla macchina ’Ecmo’, che di fatto sostituisce artificialmente il lavoro dei polmoni. Questo ci ha dato il tempo di curarla con farmaci e antibiotici. Dopo 15 giorni abbiamo sostituito questo macchinario con un respiratore automatico: a quel punto, siccome la piccola era più cosciente, abbiamo iniziato a farla parlare con la mamma e i fratellini, in videochat. Prima li tenevamo informati noi, due volte al giorno".

Al telefono, "loro le dicevano che l’amavano e che la volevano abbracciare. Noi, dal canto nostro, l’abbiamo viziata – sorride Di Luca –. A qualsiasi ora c’era la sua musica accesa accanto al letto e qualcuno che le teneva la mano. Le caricavamo sul tablet i video e i film che preferiva, le facevamo le acconciature e le abbiamo pure dato lo smalto. Le fisioterapiste l’hanno anche truccata, un giorno, con i cosmetici per bambini. Ci siamo tutti affezionati a lei". Quando la piccola è stata estubata, al padiglione 25 è stata una festa. "Tutti sono voluti venire ad assistere e a celebrare. Finalmente. Ogni tanto ci servono queste storie a lieto fine", commenta l’anestesista.

Nel suo reparto infatti le cose non sono certo semplici. In questa terza ondata, i letti sono di nuovo tutti occupati. E altre quattro persone, quarantenni, sono attaccate alla ’Ecmo’, incapaci di respirare autonomamente; mentre a poca distanza dal letto della undicenne c’è un ragazzino poco più grande, il modenese di 14 anni, che resta in prognosi riservata e in condizioni molto critiche. "Dato il calo dei contagi, contiamo di vedere ’la luce’ tra almeno una settimana: la Terapia intensiva è l’ultima a vedere i benefici della diminuzione dei positivi – riflette la dottoressa Di Luca –. Spero tanto che la gente si vaccini, abbiamo bisogno di un po’ di tregua".

Lei e il suo staff – medici, infermieri, operatori socio sanitari – sono da ormai un anno in prima linea contro il virus. Senza mai fermarsi. "Siamo provati, è dura per tutti e soprattutto per i più giovani. Esperienze come anche questa della undicenne logorano psicologicamente. Mi è capitato – racconta la responsabile – che mi telefonassero o scrivessero le madri di alcuni giovani che lavorano qui in reparto, che mi chiedevano aiuto perché i loro figli temono di non farcela, di non reggere a continuare a lavorare in Terapia intensiva in questo momento. Io li capisco, comprendo il loro disagio. E a tutti ho detto che sono sempre disponibile a una chiacchierata, per un consiglio, uno sfogo. Vorrei poterli aiutare, perché il periodo è delicato ed è difficile per tutti. Vorrei dirlo in bolognese: a nin pos piò ...".  

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