Bologna, Igor. Il sospetto di un basista. Meno carabinieri sul campo

Ora si punta sull’aspetto investigativo per trovare i complici

ARMA Sul terreno si avvicendano Cacciatori di Calabria e Sardegna (Bp)

ARMA Sul terreno si avvicendano Cacciatori di Calabria e Sardegna (Bp)

Bologna, 10 giugno 2017 - Meno battute sul campo, più indagini tradizionali per trovare i complici di Igor. E arrivare così a lui, al killer accusato di tre omicidi in fuga ormai da più di due mesi. Ormai è cambiata la strategia per scovare il serbo Norbert Feher, 36 anni, alias Igor ‘il russo’ Vaclavic, perché dopo tanto tempo non si punta più, come all’inizio, sui mega pattugliamenti nella zona rossa fra Molinella e Argenta eseguiti dai reparti speciali del Tuscania e dei Cacciatori di Calabria e Sardegna. Conseguentemente, il numero dei carabinieri sul terreno è stato ridotto: dai 200 iniziali, si è passati a 50-70. Il dispositivo iniziale era di circa mille uomini perché comprendeva anche i militari dei reparti territoriali addetti ai (tantissimi) posti di blocco stradali. Attualmente questi servizi, le battute per boschi e canneti e le pattuglie agli incroci, sono stati appunto ridotti, mentre è stato potenziato (anche numericamente) il versante investigativo.

Gli inquirenti restano comunque convinti che Igor sia ancora nella zona rossa o poco lontano. Non nei boschi e nelle paludi, però. Ormai tutti pensano si nasconda da qualche parte, in una casa o in un garage, aiutato da un complice. Prove scientifiche accertano la presenza di Norbert Feher almeno fino a metà maggio nel cuore della zona rossa fra Marmorta e Campotto. La certezza arriva dal Ris di Parma, che ha isolato il dna del killer su reperti fiutati dai cani molecolari. Si tratta di oggetti e tracce prese da bivacchi, su cui è stato possibile estrarre il profilo genetico. Da metà maggio, però, c’è un ‘buco’: non ci sono state più segnalazioni ‘buone’ né sono state più trovate tracce. Perciò i carabinieri, coordinati dal pm Marco Forte, non parlano più di un fuggitivo, ma di un latitante. E come per tutti gli altri latitanti si tenterà di trovarlo appunto con le indagini classiche.

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Partendo da una domanda che gli inquirenti si fanno da settimane: perché Igor ha scelto proprio il bar Gallo della Riccardina di Budrio, isolato e non particolarmente ricco, per la rapina sfociata nell’omicidio di Davide Fabbri il 1° aprile? È andato lì per caso o c’era un altro motivo? Qualcuno gli aveva dato informazioni? Tutte domande (per ora) senza risposta. L’altro giorno è stata convocata in caserma la vedova, Maria Sirica, per chiederle la provenienza di una collezione di orologi del marito. Lei ha risposto che Davide Fabbri li aveva comprati nel corso degli anni ai mercatini. Gli orologi sono stati prelevati e fotografati e ieri sono stati restituiti alla legittima proprietaria.

Il sospetto è che il killer possa essere andato al bar Gallo perché informato della presenza degli orologi. Da chi? Le ipotesi sono varie. Da un ricettatore che li aveva avuti prima che finissero (legittimamente) in mano a Fabbri. Un ricettatore con cui magari Igor aveva dei conti in sospeso. Oppure da un basista. Una persona cioè che, sapendo della collezione della vittima, ha informato il bandito, nel cui curriculum criminale c’è una lunga lista di rapine. Molto più lunga di quella finora nota, perché dalle indagini dei carabinieri su colpi messi a segno con le modalità di Igor sono saltati fuori tanti assalti i cui autori non sono mai stati scoperti.

Insomma, il sospetto è che Igor abbia un complice che l’abbia informato prima della rapina. E che dopo l’abbia protetto. Non a caso hanno chiesto a Maria Sirica di eventuali badanti o altre persone a conoscenza della collezione di orologi. Trovando il complice, si troverebbe Igor.

Le ricerche dei carabinieri di Faenza nella zona al confine tra il lughese e il ferrarese
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