Bologna, 26 aprile 2017 – Mille e duecento uomini per battere a tappeto la Bassa. Sono state incrementate le forze messe in campo dall’Arma a quasi un mese dall’omicidio di Davide Fabbri: duecento uomini in azione su ciascun turno, anziché centocinquanta, per riuscire a scovare Norbert Feher, alias Igor Vaclavic, il serbo ricercato oltre che per il delitto della Riccardina di Budrio e di , anche per l’uccisione di Salvatore Chianese, il metronotte ammazzato con una fucilata in faccia a Fosso Ghiaia, nel Ravennate, a dicembre del 2015.
Un delitto che, per modalità e obiettivi, è del tutto simile alla rapina ai danni di una guardia giurata di Consandolo, nel Ferrarese, avvenuta il giorno prima dell’omicidio di Budrio. È proprio da questo episodio, per gli inquirenti, che si rompe qualcosa nella mente di Feher, che inizia a muoversi in un climax ascendente di violenza. Che poi esplode, devastante, negli omicidi di Budrio e poi Portomaggiore.
I carabinieri, coordinati dal pm Marco Forte, non mollano un attimo le ricerche. E, contemporaneamente, va avanti anche la collaborazione avviata con la Serbia, per ottenere informazioni e documenti sul passato del ricercato, che è stato detenuto ed è ricercato anche nel paese d’origine.
Il ministero degli Interni ha già avuto contatti con l’omologo serbo che ha dato piena disponibilità a fornire informazioni. E presto dovrebbe perciò arrivare il dna di Norbert Feher, così da confrontarlo con quello trovato fuori dal bar della Riccardina e nel Fiorino abbandonato nella fuga dopo l’assassinio di Verri. Una verifica che, in realtà, servirà esclusivamente a dare un nome definitivo all’indagato dai mille alias.
Dalla Serbia si attendono anche le testimonianze della madre e dei fratelli di Feher, utili a fornire ulteriori elementi sul passato e delineare meglio il profilo del ricercato, già tracciato da una psicologa dell’Arma e consegnato a Procura e carabinieri.
LA SORELLA DALLA SERBIA: "Siamo sotto choc"
Ma in realtà, quello che manca a chiudere il cerchio sull’assassino, è un suo passo falso: qualcosa che possa mettere i cacciatori e i cani molecolari sulla traccia giusta. Feher finora non ne ha commessi: il cellulare che aveva in uso, più per traffico dati che per le chiamate, è muto dal 20 marzo scorso. Le celle nella zona delle ricerche sono monitorate: ma l’uomo potrebbe utilizzare un’utenza intestata a una terza persona, rendendola così impossibile da intercettare.
Così come è estremamente difficile ricostruire la rete di rapporti instaurata dal serbo in Italia o rintracciare eventuali datori di lavoro per cui potrebbe aver lavorato, negli anni passati, come bracciante, proprio nelle campagne dove oggi si aggirerebbe ancora, come uno spettro.
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