Bologna, materne a pagamento, per la Pillati “è una battaglia di sinistra”’

La vicesindaco difende la nuova tariffa di frequenza E garantisce che “per le famiglie non cambierà nulla”

La vicesindaco Marilena Pillati (Schicchi)

La vicesindaco Marilena Pillati (Schicchi)

Bologna, 1 dicembre 2017 - La pappa «nelle materne comunali sarà obbligatoria» da settembre. «Se non volete la mensa, andate nella scuola statale». Esortazione curiosa per un vicesindaco con delega alla Scuola come Marilena Pillati, che difende a spada tratta la ‘sua’ delibera che, dopo più di mezzo secolo, spazza via la gratuità della materna comunale e introduce la tariffa di frequenza. Costo che, come recita l’atto della giunta Merola, sarà «mensile con natura di tariffa di frequenza – comprensiva della refezione scolastica – quale quota di contribuzione al costo complessivo di gestione della scuola». Insomma un bollettino in cui, ogni mese, si impastano insieme il consumo della pappa obbligatoria e le spese per la gestione della materna.

«Non costerà un euro in più alle famiglie: il bilancio è una somma di segni meno. Non vogliamo fare cassa», rassicura la vicesindaco, aggiungendo che «per le famiglie non cambierà nulla: la contribuzione avrà un altro significato e sarà definita in ragione della frequenza». Probabile. Di certo c’è che tutti la dovranno pagare: chi mangia, ma anche chi no. Già, perché chi non va in refettorio, ma a scuola, dovrà comunque sborsare la stessa cifra che avrebbe tirato fuori se ci fosse stato. E ciò ora non accade. Questa somma (in quota al gestionale) «andrà nelle entrate del Comune, ma lo valuteremo». Comunque non a Ribò, la spa che cucina e serve la pappa per conto del Comune. Quanto poi alle eccezioni «valuteremo caso per caso».

Una strada scivolosa quella imboccata dalla giunta Merola che, abolendo la gratuità, apre una breccia verso ipotetiche tasse di iscrizione alla materna. «Gli scenari futuri? Non si sa», chiosa Pillati. Alla base di questa decisione quanto accaduto a Torino dove una sentenza del Tar ha dato il via libera al panino a scuola. Da notare che, in città, su 5.000 bambini solo 40 non mangiano in refettorio. «Il momento del pasto è parte integrante del servizio educativo e formativo», ripete come un mantra Pillati. Peccato che nessun genitore lo abbia mai messo in dubbio. E quindi per scongiurare supposte ondate di pasti da casa («Non voglio governare processi in emergenza») e al contempo blindare Ribò, il Palazzo non lascia opzioni: vassoio comunale o niente e tariffa di frequenza. «Rendiamo, sul piano formale, il valore educativo del pasto a scuola che, ora, è un servizio accessorio» cioè a richiesta. Per fare ciò, spiega il vicesindaco va «abolita la gratuità della materna». Così si azzera un principio storico. «Per me questa è una battaglia di sinistra: il valore educativo del pasto prevale sul principio di gratuità».

Di fronte a questa decisione, Pillati non comprende da «cosa nasca una narrazione» che, comunque, prende origine da una delibera. «La politica si fa con fatti e non con l’ideologia» e, nel caso specifico, «ha un fondamento nella pedagogia». Adesso «chiariamo in modo tranquillo e trasparente che nella scuola d’infanzia comunale quello che viene pagato per la refezione non rappresenterà più il pagamento di un servizio accessorio, ma di un servizio nel suo complesso».

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