Omicidio di Castel San Pietro, la vita a Castenaso del richiedente asilo fermato

Le giornate del rifugiato nelle casette in via Ca’ dell’Orbo. Nel centro d'accoglienza: "Aveva molti amici"

Castenaso, la casetta dove viveva Desmond Newthing

Castenaso, la casetta dove viveva Desmond Newthing

Bologna, 15 gennaio 2017 - Via Ca' dell'Orbo, a Villanova di Castenaso, è una strada larga, circondata da capannoni industriali, che, al termine della zona artigianale, ‘punta’ verso la campagna. Appena duecento metri dopo il passaggio a livello, quattro casette prefabbricate interrompono la noia del panorama. L’ultima di queste piccole dimore completa il centro di accoglienza gestito dalla cooperativa ‘Lai Momo’ ed è qui che per oltre un anno ha abitato Desmond Newthing, nigeriano di 24 anni, accusato di aver ucciso l’imprenditore Lanfranco Chiarini. Il portone che si affaccia sulle quattro casette è aperto. A fianco delle piccole abitazioni, la bicicletta di un bambino, uno stendino per i panni e una Golf vecchia di almeno dieci anni.

Bisogna bussare più volte per trovare uno degli abitanti: Kabir Blaidi, marocchino, dal 2006 a Castenaso, apre la porta e saluta con la mano alzata. «Cerchi Desmond? E’ da un po’ che non lo vedo. Lui ha i suoi amici che lo vengono a trovare e con me parla poco», sottolinea. «Desmond saluta educatamente, ma siamo allo stretto indispensabile: qui non ci facciamo gli affari degli altri. Ognuno cerca la sua strada. Quella di Desmond è diversa dalla mia: io ho moglie e un figlio». Sulla vita del vicino di casa dice di non sapere molto: «A me piace lavorare in campagna – prosegue Kabir –. Sono dipendente di un agricoltore. A Desmond piace fare altre cose. Ha provato a cercare lavoro, ma non so cosa facesse ultimamente. L’unica cosa che so è che non gli mancavano gli amici». E ogni volta che ripete la parola ‘amici’ sfodera un grande sorriso con denti bianchissimi.

Appena fuori dal cancello del centro di accoglienza due ragazzi scuri, in piedi dritti come paletti, intenti sui telefonini, guardano come se volessero parlare. «Sei un amico di Desmond? Anche i carabinieri lo cercano da giorni. Sono stati qui fino a ieri sempre fermi in una macchina». La conferma arriva dal titolare di una delle tante aziende: «Sì, sembrava che i carabinieri volessero venire ad abitare qui». E poi indica la casetta di Desmond: «Abita lì, ma in tutto lo avrò visto due volte. Non lo voglio nascondere: sono razzista, ma se non mi danno fastidio tiro dritto per la mia strada».

Da via Ca’ dell’Orbo bastano pochi chilometri per raggiungere il punto migranti, gestito dalla coop ‘Lai Momo’, in piazza Bassi. «Oggi è chiuso torni lunedì», avverte un’addetta della biblioteca. Contattato telefonicamene, il presidene della cooperativa, Andrea Marchesini Reggiani, non rilascia dichiarazioni. Il sindaco Stefano Sermenghi, però, attraverso la responsabile dell’Urp fa sapere quello che era noto a tutti in paese: «Desmond era un esempio di integrazione – spiega l’impiegata –. Come volontario si occupava di pulire le foglie nelle strade. Lo ha fatto fino all’aprile 2016. Dopo non sappiamo come sia stato impiegato dalla cooperativa. Forse degli stage in aziende». Foglia dopo foglia il nigeriano è stato visto in tutte le strade di Castenaso. «Quel ragazzone salutava sempre. Una volta mi ha chiesto una sigaretta», ricorda un ragazzino.

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