Bologna, armi illegali e peculato, Preziosa alla sbarra

Nuovo processo per l’ex vicequestore. "Contento di poter chiarire tutto in aula"

Giovanni Preziosa

Giovanni Preziosa

Bologna, 21 giugno 2017 -  ​In tribunale, di nuovo. Dopo i patteggiamenti a Venezia per l’inchiesta Mose, è partito ieri a Bologna il processo che vede l’ex vicequestore ed ex assessore Giovanni Preziosa alla sbarra per una serie di armi e munizioni a lui sequestrate tra il 2013 e il 2014. Omessa denuncia, peculato, detenzione illegale d’armi e proiettili, e violazioni in materia di corretta custodia sono alcune delle accuse che il pm Michele Martorelli muove all’ex assessore-sceriffo della giunta Guazzaloca che, nel 2013, finì agli arresti nell’ambito dell’inchiesta veneta sul gruppo Mantovani. Le vicende che hanno portato al procedimento bolognese partirono da lì, ma i due filoni non sono collegati. All’indomani del suo arresto, infatti, si rese necessario il ritiro delle armi in possesso al vicequestore. E da quelle acquisizioni emersero le prime discordanze documentali che poi diedero il via all’inchiesta, sebbene fosse un collezionista d’armi riconosciuto.

Un ‘solo’ l’episodio di peculato contestato, per un fucile calibro 12 che, per il pm, Preziosa teneva in ufficio senza averne mai denunciato il possesso. Il fucile, tra l’altro, rientrava in una serie più ampia di fucili da caccia appartenuti a un uomo deceduto nel ’98 e che la moglie, ereditandoli, non aveva mai provveduto a denunciare. Secondo l’accusa Preziosa non ha mai, a sua volta, denunciato la donna per la detenzione illegale, pur conoscendo il caso, ma il difensore dell’ex vicequestore, Alessandro Pellegrini, ha sempre sostenuto si trattasse di un’amica che si era rivolta a Preziosa per regolarizzare la questione armi. L’arresto di Preziosa, però, sarebbe caduto nel bel mezzo di quella cortesia fatta all’amica.

Tuttavia, per il pm quei fucili non erano gli unici a presentare irregolarità: in casa e in ufficio avrebbe tenuto armi prive di documentazione, senza denuncia di cessione, senza matricola e armi da guerra. In più, nella sua abitazione c’erano trenta finte banconote da 100 dollari che per la procura valgono l’accusa di introduzione nel paese di monete false, mentre per la difesa si trattava di cimeli di una vecchia indagine. «Sono desideroso di chiudere questa vicenda che non meritava tanto clamore – commenta Preziosa che al Riesame ha ottenuto in dissequestro penale di quasi tutte le armi –. Sono contento che ci sia un dibattimento così da poter chiarire ogni cosa». Il processo è riaggiornato a ottobre.

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