Bologna, processo Aemilia, le rivelazioni del pentito Valerio

I retroscena criminali: “La cosca vinceva appalti anche a Bologna e Modena”

Il pentito collegato con l’aula del processo Aemilia

Il pentito collegato con l’aula del processo Aemilia

Bologna, 6 ottobre 2017 - Nuovi retroscena criminali, ma soprattutto il ‘ritratto’ dei fratelli Sarcone, Nicolino, Giuseppe, Carmine e Gianluigi, che governavano la "succursale" reggiana della cosca di Cutro e di Michele Bolognino, che gestiva gli affari illeciti in provincia di Parma. Questi i contenuti della deposizione fiume del pentito Antonio Valerio al processo Aemilia, proseguita ieri nell’udienza svolta nel tribunale di Reggio Emilia.

Collegato in video dal sito riservato in cui vive, Valerio afferma sui Sarcone: "La ‘locale’ di Reggio Emilia è loro. Sono i reggenti della ‘ndrangheta a Reggio Emilia". In particolare, Nicolino Sarcone era ‘il padrino’ mentre gli altri tre fratelli avevano un grado oltre ‘la santa’ e brillavano anche di luce riflessa.

A Gianluigi Sarcone, il pentito attribuisce un ruolo specifico: "La mente che diversificava gli affari", citando poi "appalti nella Bassa modenese e a Bologna e su quello si sviluppavano altre cose: usura, falsa fatturazione estorsione". I Sarcone, insieme ad Alfonso Diletto, erano anche deputati a gestire le eventuali relazioni con altre organizzazioni criminali come la Camorra.

Collocato temporalmente dopo il 2004, quando con la morte del vecchio boss Antonio Dragone Nicolino Grande Aracri consolidò il suo potere, il resoconto di Valerio tratta di nuovo di progetti di omicidi pianificati a Reggio Emilia. Infatti "c’era sempre collaborazione tra Cutro e Reggio Emilia, se si doveva fare qualcosa, come finanziare un omicidio (200, 300.000 in media, ndr) ci si aiutava perché siamo dello stesso ceppo".

Nei piani sanguinari riportati dal testimone c’è quello che vedeva nel mirino Angelo Salvatore Cortese, oggi anche lui "pentito per amore", reo di dare fastidio perché "si stava allargando troppo". Lo aspettarono in un cantiere nel reggiano ma Cortese non si presentò sul luogo dell’agguato. Centrò invece il bersaglio nel 2008 l’attentato nella frazione Papanice di Crotone contro Luca Megna, figlio di uno storico boss locale. Fu ucciso perché "non potevano esserci due bastoni a comandare".

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