Bologna, processo più vicino per 30 dopo l’assalto al 36 di via Zamboni

Avviso di fine indagine per gli attivisti dei collettivi Cua e Lubo. A febbraio tre giorni di minacce, danni e caos nella zona universitaria

I danni causati in biblioteca

I danni causati in biblioteca

Bologna, 30 maggio 2017 - I tornelli  non regoleranno più l’accesso alla biblioteca di Lettere. Ma probabilmente apriranno le porte del tribunale ai trenta attivisti dei collettivi, a cui nei giorni scorsi è stato notificato l’avviso di fine indagine in merito ai disordini di febbraio scorso al 36 di via Zamboni. L’atto, di norma, precede la richiesta di rinvio a giudizio.

Tra i trenta indagati per i disordini legati ai tornelli ci sono attivisti dei collettivi Cua e Lubo che, a vario titolo, devono rispondere di danneggiamento, resistenza e lesioni finalizzate alla resistenza a pubblico ufficiale. Tra loro, compaiono anche i tre ‘leader’ del collettivo universitario, Angelo Cafaro, Emiliano Sassi, e Morgan Villari, sottoposti a misure cautelari (i primi, dopo il ricorso al Riesame, all’obbligo di firma, l’altro al divieto di dimora in città) proprio per gli scontri con le forze dell’ordine dell’8, 9 e 10 febbraio scorsi.

La protesta era nata in seguito alla decisione dell’Università di dotare di tornelli la biblioteca di Lettere, così da limitarne l’accesso ai soli studenti forniti di badge, visti i problemi causati ai ragazzi e al personale dalla varia umanità che gravita in piazza Verdi e via Zamboni. Tornelli che non erano però andati giù in particolare ai membri del Collettivo universitario autonomo, molti dei quali, tra l’altro, neanche più iscritti all’università.

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Per gli antagonisti del collettivo, le barriere avrebbero limitato in maniera inaccettabile la loro libertà di ‘studio’ e aggregazione. Così, l’8 febbraio scorso, una quarantina di ragazzi si è presentata di mattina all’ingresso del 36 e ha smontato i tornelli. L’Università, per poterli ripristinare, ha deciso di chiudere la biblioteca per il tempo necessario ai lavori. E così, il giorno dopo, il Cua, con la solidarietà attiva dei colleghi di Lubo e Hobo, ha deciso di occupare la biblioteca, entrando - senza forzarla - da una porta che collega il 36 con il 38. L’Ateneo sopporta per un po’. Poi decide di coinvolgere la Questura. E il Reparto mobile sgombera il locale. Non certo senza problemi. Gli occupanti, come ripreso non solo nei video della Digos, ma come si vede anche nelle immagini girate in quegli attimi concitati da alcuni studenti, iniziano a lanciare sedie e libri contro i poliziotti. Che rispondono con i manganelli. E una volta liberata la biblioteca, la zona universitaria diventa il teatro di una guerriglia a colpi di bottiglie, campane del vetro ribaltate e sedie, che dura fino a sera. Un disastro.

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Che si ripete, il giorno dopo, in una via Zamboni blindata, dove affluiscono un migliaio di antagonisti, arrivati anche da fuori a dare manforte ai collettivi locali. Vengono arrestati due ragazzi, Sara Mazzola, studentessa di 22 anni, attivista di Cua, e Orlando Camelli, agricoltore faentino di 24. Ora, quei tre giorni di caos, confluiti in un nutrito fascicolo curato dallo stesso procuratore capo Giuseppe Amato e affidato ai pm Antonello Gustapane e Antonella Scandellari, con le indagini portate avanti dalla Digos, potrebbero diventare presto argomento di discussione oltre che sui giornali, anche in tribunale.

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