"Bonaccini, nessuna spesa pazza." Per lui l’indagine penale è finita: il Gip archivia

Resta aperto il caso davanti alla corte dei conti

Stefano Bonaccini (Foto Schicchi)

Stefano Bonaccini (Foto Schicchi)

Modena, 4 febbraio 2015 - E’ FINITA. Il governatore Stefano Bonaccini esce definitivamente dallo scandalo politico-giudiziario delle ‘spese pazze’ che ha travolto il vecchio Consiglio regionale. Il gip Domenico Pansa ha infatti accolto la richiesta dei pm Morena Plazzi e Antonella Scandellari e ha archiviato la posizione del neo presidente del Pd dell’Emilia Romagna, in principio accusato come tutti gli altri (ex) colleghi di peculato.

Secondo il giudice, Bonaccini va archiviato perché le spese a lui contestate, in tutto 4.140 euro, sono per quantità e qualità in astratto compatibili con la sua attività di consigliere regionale (il periodo sotto esame va da maggio 2010 a dicembre 2011). E l’eventuale distrazione dei fondi pubblici a fini personali non è sufficientemente dimostrata. In altri termini: le spese sono in astratto plausibili e, dopo le indagini di Procura e Finanza, manca la prova che in concreto i soldi siano stati usati a fini personali. Ergo, l’unica conclusione possibile, per il giudice, è l’archiviazione. Un approdo che ricalca in pieno la tesi della Procura.

BONACCINI può così tirare un sospiro di sollievo. Dopo la richiesta dei pm, peraltro, l’esito positivo era atteso. Qualche ombra però rimane, perché gli stessi pm, nella richiesta di archiviazione, avevano scritto: «Non poteva sfuggire al consigliere Bonaccini l’esistenza di un generale obbligo di giustificazione delle spese. L’essere venuto meno a questo obbligo se da un lato può assumere rilievo negativo – ex sé – in sede di giudizio contabile, non può tuttavia essere ritenuto elemento sufficiente a fornire la prova di un utilizzo improprio dei finanziamenti per scopi riconducibili solo a interessi personali». Tradotto: se da un lato non ci sono prove sufficienti per un processo penale, ci potrebbero essere per un processo contabile. Bonaccini, infatti, come quasi tutti i consiglieri della passata legislatura è stato raggiunto dall’invito a dedurre della Procura della corte dei conti e quell’inchiesta è ancora aperta.

Ma, inutile negarlo, sul fronte penale la vittoria c’è. A al governatore il pm Plazzi e Scandellari contestavano 3.900 euro in cene e pranzi i cui messi a rimborso senza presentare i giustificativi. Il resto, circa 200 euro, erano per rimborsi carburante. Per i magistrati, «residuano margini di dubbio, non completamente dissolti sull’effettiva e certa riferibilità all’attività di consigliere regionale di tutte le spese. Dubbio che, tuttavia, da un lato non vede una prospettiva di soluzione attraverso alcun altro approfondimento investigativo e dall’altro non assume di per sé un adeguato peso indiziario e probatorio in funzione di un eventuale giudizio». L’allora consigliere, concludono, si è quindi comportato in modo «sostanzialmente corretto», considerando anche la «modestia» delle spese contestate.

Quello che sarà interessante capire è l’impatto che avrà questa archiviazione sugli altri consiglieri. Sono 41 gli esponenti, di tutti i partiti, raggiunti nei mesi scorsi dall’avviso di fine indagine con l’accusa di un maxi-peculato da oltre due milioni di euro. Nelle prossime settimane la Procura formulerà le richieste di rinvio a giudizio.

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