Cinquant’anni di Stima, sotto il segno di nonna Elves

Premio Mascagni. L’azienda di Funo distribuisce prodotti per l’automazione Il nostro speciale VIDEO L'intervista

La Stima

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Bologna, 15 settembre 2015 - Tra i tanti ‘regali’ che la crisi economica ha portato in dote alle aziende c’è la politica del ‘just in time’. Il concetto è che inutile accumulare prodotti in pronta consegna e pagare tasse sull’invenduto: la merce la si produce o la si ordina solo quando serve. Provate a dirlo a Elves Valbonesi, 87 anni, fondatrice nel 1965 insieme a suo marito Aureliano della Stima spa (VIDEO), storico nome nella distribuzione di prodotti per l’automazione industriale. Risponderà con un’unica frase, in dialetto forlivese: «Par vàndar la ròba ai vòl la ròba». E stop a ogni discussione.

Federico Mazzanti, oggi è lei alla guida di Stima con suo fratello Alessandro e sua madre Alessandra. Non avete cambiato idea?

«Non le nego che gestire un magazzino come il nostro, con oltre 20mila prodotti a catalogo sempre a disposizione, comporta costi importanti. Ma il problema è che, se un cliente ci chiede un prodotto, non siamo proprio bravi a dirgli che non ce l’abbiamo».

Non vi ha convinto neppure la crisi?

«Con la crisi è utile tagliare i costi d’impresa. Ma c’è un problema: quando un’azienda ha una produzione ha bisogno del materiale, se non lo trova da te va da un altro. Per questo, a far due calcoli, ha ragione la nonna: pàr vandar la roba...».

E quel banco all’ingresso?

«Un altro retaggio del passato. Oggi vendiamo in tutta Italia, e puntiamo sui grandi numeri, non certo sul dettaglio. Ma c’è ancora qualcuno che ha l’azienda qui vicino e viene di persona. Magari col pezzo vecchio in mano, per chiedere consiglio. Noi ci perdiamo tempo e denaro, lo dico con sincerità. E tutti gli anni, nella programmazione aziendale, inseriamo l’eliminazione del servizio a banco, su cui tutti concordiamo. Poi però sono 50 anni che il banco è sempre lì».

Mezzo secolo d’attività e tre generazioni. A lei, dica la verità, non è venuta mai voglia di fare altro?

«No. Io sono nato qui dentro e così mio fratello Alessandro. Da piccoli giocavamo tra le corsie del magazzino. Così dopo le superiori non vedevo l’ora di cominciare».

Una bella poltrona in ufficio.

«No, magazziniere. Ho fatto un passo alla volta».

E sua nonna?

«Si è ritirata pochi anni fa. Ma ogni sera vuole che le raccontiamo le novità. Quest’azienda è opera suo se pensa che suo marito, con cui l’ha fondata, purtroppo è morto sei anni dopo».

Perché non vendette tutto?

«Ci provarono in molti a farle pressione in tal senso. Le dicevano: Elves, l’azienda va bene, ma una donna sola non può mai farcela. Vendi tutto».

Qualcosa lascia intuire che non l’ha fatto.

«Piuttosto ha chiamato mia mamma Alessandra - all’epoca ventenne - a darle una mano. Due donne da sole, per tre anni. Poi arrivarono gli zii».

E i soldi?

«Per fortuna arrivò una multinazionale americana».

Acquistarono una quota?

«Macché, presero in affitto una scrivania. E con quella piccola entrata la nonna ripartì alla grande. Che tempi».

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