Mazze e coltelli senza padrone, il giudice cancella i daspo

La Cassazione ha annullato i provvedimenti verso 19 ultras della curva rossoblù, che risalivano alla trasferta di Catania del dicembre 2014

Le armi

Le armi

Bologna, 8 febbraio 2016 - Quando la polizia di Catania perquisì il pullman saltò fuori di tutto: coltelli, mazze, spranghe, manganelli telescopici, bombolette di vernice urticante. Era il 6 dicembre 2014 e a bordo c’erano 19 tifosi del Bologna che stavano andando a vedere la partita fra i padroni di casa siciliani e i rossoblù. Nessuno ovviamente arrivò mai allo stadio. Gli ultras, che facevano parte del gruppo ‘Settore Ostile’, passarono la giornata in Questura e ne uscirono con un Daspo a testa. Un macigno che imponeva loro di andare a firmare, per ben due volte, ogni volta che giocava il Bologna. Per cinque lunghi anni. Fine della storia? Niente affatto, perché i tifosi, tramite l’avvocato Gabriele Bordoni, sono arrivati fino in Cassazione e la Suprema Corte ha dato loro ragione, sancendo un principio che farà esultare le curve di tutta Italia come un gol dell’attaccante del cuore. 

Gli 'ermellini' hanno cancellato i Daspo accogliendo la richiesta della difesa, secondo cui non si poteva attribuire a tutti la colpa per quelle armi improprie presenti sulla corriera. E’ evidente che le mazze e i coltelli li aveva caricati qualche ultras e non dovevano servire a fare un picnic. Lo scopo era di usarli in caso di scontri, dunque la pericolosità della situazione era assoluta e gli autori da punire. Il problema, come sottolineato dall’avvocato Bordoni, era che la proprietà di quelle armi, contenute in un sacco all’interno del pullman (trovato sotto un sedile, non nel bagagliaio), fu attribuita a tutti. Così come la consapevolezza della loro presenza a bordo. Non si fece cioè alcuna distinzione fra chi materialmente aveva preparato e caricato il sacco e chi invece (magari) non ne sapeva nulla. E visto che il Daspo è una misura così stringente da limitare la libertà personale, per la difesa non era possibile attribuirlo a tutti, senza che fosse accertata la responsabilità del singolo ultras. Peraltro quel giorno il pullman fu fermato all’aeroporto di Catania, dove i tifosi stavano andando a prendere altri supporter arrivati in aereo. Di chi erano dunque le mazze e le spranghe?

Una tesi accolta dalla Cassazione, che nelle prossime settimane dovrà depositare le motivazioni di una sentenza destinata probabilmente a fare scuola nel mondo del calcio e, in particolare, in quello delle tifoserie organizzate. Che certamente ora potranno avere un’arma in più per sfuggire ai Daspo. I 19 provvedimenti del questore di Catania erano stati anche convalidati dal gip e la Procura siciliana ha messo sotto inchiesta gli ultras rossoblù. Ma l’avvocato Bordoni punta ora a ottenere l’archiviazione.

«La sentenza della Cassazione è un segnale molto importante – commenta Bordoni –. E’ la conferma che ancora si deve privilegiare il diritto rispetto a soluzioni sommarie destinate a fronteggiare presunte emergenze. Applicare una misura cautelare di natura penale a soggetti di cui non può essere provata la personale responsabilità rappresenta un arretramento intollerabile della nostra civiltà giuridica. Prima che lo stesso strumento venga esteso ad altri contesti, risulta, dunque, quanto mai opportuno questo intervento critico così radicale da parte della Suprema Corte. E’ una doppia vittoria, per i giovani tifosi rossoblù, ma anche per tutti coloro che vogliono credere di vivere in un Paese giuridicamente evoluto».

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