Vasco Rossi, processo all'ex manager Salvati. E' guerra di perizie

L'ex amico sotto accusa per il patto di riservatezza da 6 milioni

Processo all'ex manager Salvati, Vasco Rossi in tribunale a Bologna (fotoSchicchi)

Processo all'ex manager Salvati, Vasco Rossi in tribunale a Bologna (fotoSchicchi)

Bologna, 2 marzo 2017 – Su un punto tutti concordano: entrambi i patti, sia quello gratuito che quello oneroso, hanno in calce le firme autentiche di Vasco Rossi e dell’ex manager Stefano Salvati. Patti dal contenuto opposto, firmati tre anni fa dagli interessati che ora si accusano a vicenda. Su tutto il resto le versioni divergono e ieri in tribunale è andato in scena lo scontro fra i periti, chiamati a passare ai raggi x gli ormai famigerati patti. Il processo è quello che vede Salvati sotto accusa per calunnia e falso perché, secondo la Procura, avrebbe appunto falsificato il patto di riservatezza gratuito aggiungendo la clausola che prevedeva un compenso di 200mila euro all’anno per trent’anni, per un totale di sei milioni.

Ieri ha testimoniato il consulente del pm, Oscar Ghizzoni, chimico forense ex Ris, il quale ha spiegato che le prime due pagine del patto sono state prodotte con stampanti diverse dalla terza e ultima pagina, quella dove ci sono anche le firme e la clausola onerosa. E per la terza pagina, la stampante usata, per il perito, non è fra quelle in dotazione agli uffici di Vasco Rossi di via Emilia Levante. Un punto certamente a vantaggio del Blasco, parte civile con l’avvocato Guido Magnisi. Ma la difesa di Salvati, sostenuta dall’avvocato Raffaele Miraglia, ribatte sostenendo che il consulente ha esaminato solo le stampanti degli uffici, non quelle personali di Vasco. Per Salvati, quel patto oneroso fu sottoscritto fra il 12 e il 15 aprile in Puglia, nella suite del Komandante, e Vasco usò una stampante che aveva portato da casa. 

Per il rocker e per la Procura, invece, quell’atto fu taroccato usando come base di partenza quello gratuito, firmato da Salvati il 10 aprile negli uffici di via Emilia Levante. Ma il consulente di Salvati ieri ha messo in luce che il patto oneroso deriva dalla prima bozza del contratto, quella che poi diventò, leggermente modificata, la versione finale del patto gratuito. Il problema, secondo la difesa, è che la bozza non fu mai nelle mani di Salvati, ma solo in quelle dell’entourage di Vasco. «Come ha potuto dunque taroccarla Salvati?», chiede l’avvocato Miraglia. Il processo è stato rinviato al 24 maggio per la discussione.

g. d.

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