Wanna Marchi riconquista la scena: "Io, l’amore e un abito bianco"

Dimenticato il carcere: la teleimbonitrice sposa il suo compagno

Wanna Marchi con il futuro marito Francesco Campana  (foto Schicchi)

Wanna Marchi con il futuro marito Francesco Campana (foto Schicchi)

Bologna, 29 giugno 2015 - Il capello rosso è sempre quello, così come la grinta e qualche «Mi spiego?» lanciato qua e là. Wanna Marchi, 73 anni, sta per tornare, non appena avrà chiuso il lungo capitolo giudiziario. Il 26 ottobre scadono i due anni di servizi sociali, passati dietro il bancone del bar milanese, che le restavano da scontare dopo la condanna. Poi, la ex teleimbonitrice si dice pronta a risposarsi entro l’anno e ad «esplodere». Quello l’ha già fatto la figlia Stefania Nobile, in libertà dal 2013 e oggi attivissima sui social network. Le due si sono raccontate a un programma della tv bolognese NuovaRete, dopo avere concesso un’intervista al nostro giornale. Ma certe cose non cambiano: la Wanna nazionale davanti alla telecamera si riprende la scena. Ha chiuso con le televendite, ma non nega che qualcosa bolle in pentola («sto valutando proposte»). Magari pure in radio. Ora c’è il web, col nuovo sito di shopping online ‘Le Wanne Marchi’.

Da personaggi simbolo del piccolo schermo, alla Rete.

Stefania: «Mi dedico soprattutto ai social e uso molto Periscope, per fare video in diretta, senza filtri. Sul web hai il mondo in mano».

Wanna:«Non ci capisco niente. Io preferisco ancora guardare in faccia le persone».

Ma nel sito siete insieme.

Stefania: «Sì, è online da una settimana. Lo shop si chiama così perché al bar di Milano ci chiamano le ‘Wanne Marchi’».

Un ritorno alle vendite?

Stefania. «E’ il nostro inizio. Vendiamo profumi, magliette (con la scritta ‘D’accordo?’), il libro ‘Le nostre prigioni’ e i quadri dipinti da Wanna quando era chiusa là».

Wanna: «Dipingevo paesaggi che sognavo. Ho fatto anche un corso di cucina».

Cosa vi è mancato di più in quel periodo?

Wanna: «La libertà».

Stefania: «Il telefono. Non lo capisci finché non ti trovi ad aspettare una telefonata a settimana. Vorremmo impegnarci per San Vittore. La Dozza, invece, è come Bologna: una città gretta, chiusa, razzista. Poi, certo, ha molta storia e conserva la sua ‘bolognesità’».

Nel libro avete raccontato la vostra esperienza, come vedete quegi anni oggi?

Wanna: «Credo che io e mia figlia siamo le uniche uscite normalissime dal carcere. Non volevo farmaci, né medici».

Stefania: «Una parte di me è rimasta lì. Nascono amicizie profonde, nel libro c’è la nostra voce».

Cosa farete da grandi?

Stefania: «Il web. E sto per pubblicare un nuovo libro dal titolo ‘Il genio del male’, come mi chiamò il Pm. Da ottobre torneremo a fare serate, magari anche un altro rap».

Wanna: «Da grande! A 73 anni!».

Ma intanto si sposa.

Wanna: «Entro l’anno. Mi piacerebbe nel borgo di Dozza. Sarà celebrato dal nostro avvocato Liborio Cataliotti».

Stefania: «L’amore in carcere finisce, loro (Wanna e Francesco Campana, ndr) però hanno condiviso tutto».

Che rapporto avete con la gente?

Wanna: «Al bar vengono per il mio caffé».

Stefania: «Dico solo che anche i poliziotti e i carabinieri che ci hanno arrestate fanno i selfie con noi».

Come giudicate la vostra condanna? Rifareste tutto?

Wanna: «Del passato non parlo».

Stefania: «È stato, abbiamo eseguito, senza scorciatoie. Siamo andate avanti, se no ci sparavamo. La vita è come i colli bolognesi, fatta di salite e discese».

 

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