Bologna, 5 novembre 2009 - "Delitto d’impeto". Così il gip Andrea Santucci ha qualificato l’omicidio di Marina Gaido, estetista di 41 anni strangolata sabato dall’amico Roberto Cavalli, 44 anni, promotore finanziario, poi arrestato. Cavalli davanti alla polizia e al pm Lorenzo Gestri ha confessato, ieri invece, nell’udienza di convalida davanti al gip, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il giudice ha disposto la custodia cautelare in carcere per omicidio aggravato dai futili motivi, come chiesto dal pm. L’unica cosa che ha detto Cavalli al gip è stata una precisazione chiesta dalla Procura.

E’ il portavoce, il pm Valter Giovannini, ha spiegare: «L’indagato ha chiarito di non essere stato ammanettato in Questura, con ciò escludendo di esserlo stato durante l’interrogatorio svolto dal pm. Una precisazione importante che chiarisce l’assoluta correttezza dell’operato della polizia e del pm Gestri». Era stato il fratello-avvocato Mauro Cavalli a dire che Roberto era stato ammanettato. «Nell’ordinanza — spiega il legale — il gip non ha convalidato il fermo e l’ha riqualificato in arresto in flagranza. Il giudice dice che non è ipotizzabile al momento l’omicidio preterintenzionale. Lo qualifica come dolo diretto d’impeto. Sul movente, a sfondo sessuale o per motivi economici, rimanda ad accertamenti successivi.

Esclude la premeditazione ed escluderebbe anche il gioco erotico, una pista che io non escludo. E questo lo dico anche dopo aver parlato con il consulente di parte, e non sulla base di quello che dice mio fratello, che sembra abbia vergogna di parlare di certe cose".
Ieri, intanto, si è svolta l’autopsia. L’esame è iniziato nel pomeriggio ed andato avanti fino a tarda notte. Dall’esame esterno sul corpo di Marina Gaido non risultano tracce di lesioni o graffi: è confermato un piccolo segno sotto il collo «Segni di rapporti sessuali da un esame esterno non ci sono, ma l’autopsia va conclusa>, chiude l'avvocato Cavalli.


 L'INDAGINE

Si aggrava ancora di più la posizione di Roberto Cavalli, 44 anni, il promotore finanziario arrestato con l’accusa di aver strangolato l’amica Marina Gaido, estetista 41enne. Il pm Lorenzo Gestri ha infatti deciso di contestargli anche l’aggravante dei futili motivi, oltre all’accusa di omicidio volontario. Con questo nuovo capo d’imputazione Cavalli, in caso di condanna, rischia l’ergastolo. Marina Gaido è stata trovata morta sabato pomeriggio, nel bagno del suo appartamento in via Angelo Piò 8, in zona Zanta Viola. Il suo corpo era nudo e con chiari segni di strangolamento sul collo.


La contestazione dei futili motivi è stata operata in base alla ricostruzione fatta dallo stesso broker, reo confesso, attualmente detenuto alla Dozza: «Eravamo in camera e Marina per gioco mi ha toccato il sedere — ha raccontanto Cavalli in Questura sabato notte dopo un interrogatorio fiume — e io le ho cinto i fianchi, ma lei ha reagito insultandomi. Io allor non ho capito più niente e le ho stretto il collo. Forse troppo. E’ stato un raptus». Dunque, il pm ha visto in questo racconto, in cui manca peraltro il movente, la futilità dei motivi che hanno spinto Cavalli ad uccidere. I due erano amici da 17 anni ma entrambi erano fidanzati con altre persone. Da tempo l’uomo gestiva i risparmi della donna (circa 10.000 euro), aveva le chiavi del suo appartamento e da 3-4 anni le pagava parte dell’affitto, circa 350 euro. Semplicemente per amicizia, dice lui. Ma sembra che nell’ultimo periodo la controllasse in modo ossessivo. Forse alla base del dramma c’è una suo approccio non gradito dalla donna. Oggi si svolgerà l’interrogatorio di garanzia davanti al gip e, soprattutto, l’autopsia che dovrà dire se c’è stata violenza sessuale.
«Sono sempre più convinto che quando mio fratello uscirà  dallo stato di confusione in cui si trova — dice il fratello-avvocato Mauro Cavalli — chiarirà che tutto è avvenuto per un evento meramente disgraziato, sfortunato. Una disgrazia. Questa è la mia opinione allo stato attuale. Voglio inoltre precisare  che mio fratello non è un ‘vero’ promotore finanziario. Lui operava in borsa in proprio, avendolo comunicato regolarmente al proprio istituto bancario. Erano soldi che gli amici gli davano in prestito e che lui investiva come soldi suoi. Ovviamente dietro pagamento di interessi».