Targa Volponi, premio speciale a Mauro Felicori: "Bologna, città incerta sulle scelte"

Il riconoscimento per l'impegno civile allo storico funzionario del Comune, ora direttore della Reggia di Caserta

Mauro Felicori (LaPresse)

Mauro Felicori (LaPresse)

Bologna, 15 agosto 2017 - Felicori, ma questo premio vuol dire che davvero nemo propheta in patria? Mauro Felicori, oggi celebrato direttore della Reggia di Caserta e fino a all’ottobre 2015 funzionario di Palazzo d’Accursio, risponde pacato: «Mi fa piacere ricevere un riconoscimento a Bologna. E’ la mia città, anche se con lei ho avuto un rapporto contraddittorio come capita in tutti i grandi amori». A lui la Casa dei Pensieri ha voluto attribuire quest’anno (la data è il 28 agosto) una particolare Targa Volponi, un premio speciale per l’impegno civile. «Spesso – ammette – non ho avuto idee coincidenti con Davide Ferrari, l’anima del premio, ma stimo lo spazio culturale libero che occupa Casa dei Pensieri, seppur all’interno della Festa dell’Unità». Come sono stati i decenni trascorsi in Comune da dirigente prima del salto a Caserta?  «Ci sono stati alti e bassi. Giudico in modo molto positivo la stagione con Zangheri quando si trattava di ricucire la frattura fra la città e gli studenti. Era il ‘77 e si cominciava a capire che il modello a misura d’uomo con cui Bologna era cresciuta fino ad allora non era in grado di gestire un’università metropolitana. In fondo sull’idea di creatività e di consumo culturale ho costruito la mia carriera». Poi la stagione di Vitali. «Con Walter ci conoscemmo quattordicenni al liceo. Vitali portò avanti un’idea di modernizzazione della sinistra molto prima dell’Ulivo, incorrendo negli stessi problemi che avrebbe poi incontrato l’Ulivo. Furono anni pieni di iniziative internazionali». E infine cambiò l’aria. «Per me vennero gli anni dell’emarginazione con Guazzaloca e Cofferati. Fu complicato anche il periodo con Delbono... Ma sono stati i periodi più difficili a darmi popolarità, ad esempio grazie al rilancio della Certosa. Bisogna affrontare i problemi con determinazione. Quarant’anni fa avevo scommesso sul fatto che il lavoro pubblico fosse un vero mestiere. Adesso la questione resta aperta».  Perché?  «Perché alla politica piace comandare oltre la politica. Per me fare il dirigente è sempre stato molto faticoso. Dalla politica accetto le scelte politiche, ma quelle tecniche spettano ai dirigenti». Com’è Bologna oggi? «Mi pare sia come l’ho lasciata due anni fa. Ovvero incerta sulle grandi scelte. Mi sembra che la società civile di Bologna si sia impigrita. Adesso che i comunisti non ci sono più, servirebbero vivacità e pluralismo. E’ una città colta, vivace, preparata ma vive in parte ancora nell’epoca in cui Pci e Dc si mettevano d’accordo sulle scelte strategiche. Quegli uomini e quel clima, però, sono spariti. C’è conformismo in assenza di un potere che dia senso a quel conformismo».  Come sta andando a Caserta? «Molto bene. Sono arrivato quando i visitatori avevano toccato il record negativo dei 430mila. Nel 2016 sono riuscito a portarli a 690mila. Forse riesco a mantenere la promessa di toccare il tetto del milione di visitatori per la fine del mio mandato, nell’ottobre 2019. Ma è la qualità dell’esperienza che mi piace. In un Comune il rapporto con la politica è ravvicinato, qui ho un solo interlocutore, ovvero il ministro». I sindacati l’accusano ancora di lavorare troppo? «Il rapporto con i sindacati è ridotti ai minimi termini. Ho un forte sostegno dalla Cisl, gli altri stanno a guardare». Cosa non funziona ancora?  «Credo di aver svolto un ottimo lavoro sul piano dell’immagine e del marketing ma c’è ancora parecchio da fare sul versante della gestione ordinaria. Quando sono arrivato, la Reggia veniva da 15 anni di incuria. Molte cose sono state fatte: è stato allungato l’orario estivo del parco, sono stati riaperti spazi, rivalutati luoghi, organizzata una programmazione culturale. Dal 3 ottobre la Reggia sarà aperta sette giorni su sette, in primavera ospiteremo una mostra dall’Ermitage... Insomma, si cresce».  Resterà dopo il 2019?  «La prosecuzione è legata al giudizio del ministero, a me piacerebbe continuare».

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