Delitto del freezer, l'aggravante della crudeltà nella condanna a 30 anni di Gulio Caria

Si legge nel dispositivo del gup Gianluca Petragnani Gelosi per l'omicidio della giovane commercialista Silvia Caramazza

Giulio Caria in tribunale a Bologna (foto Schicchi)

Giulio Caria in tribunale a Bologna (foto Schicchi)

Bologna, 23 settembre 2014 - C'è anche l'aggravante della crudeltà nella sentenza che sabato pomeriggio ha condannato Giulio Caria, 35enne sardo, a 30 anni di reclusione per omicidio volontario della 39enne commercialista Silvia Caramazza, uccisa e poi nascosta in un congelatore nella casa in cui lei viveva a Bologna.

Si legge nel dispositivo della sentenza che il gup Gianluca Petragnani Gelosi ha considerato per il calcolo della pena, come chiesto dal pubblico ministero Maria Gabriella Tavano, tutte le circostanze aggravanti meno una, quella dell'aver agito per occultare un altro reato. Ha ammesso invece gli atti persecutori (Caria aveva anche dei precedenti per stalking), l'occultamento di cadavere e la crudeltà. Ha attuato la diminuzione della pena prevista dal rito abbreviato e, come avviene in questi casi, tolto al muratore di Berchidda (Olbia-Tempio) la patria potestà sul figlio, avuto da una precedente relazione. Caria, condannato anche per minacce (non per furto, reato procedibile a querela dell'offeso), dovrà corrispondere 60mila euro complessivi alle quattro parti civili: 20mila a testa per due gruppi di familiari, 10mila al Comune di Bologna e all'unione delle donne. 

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