"Non diagnosticarono un'embolia a una paziente": tre medici del Maggiore a processo

La donna, in seguito, è morta

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Bologna, 24 ottobre 2014 - Rinviati a giudizio per omicidio colposo. Questa è la decisione del gup Bruno Perla per tre medici dell'ospedale Maggiore, accusati di non aver diagnosticato un'embolia polmonare a un'anziana paziente, morta il 22 luglio 2011.

Liliana Lombardi - questo è il nome della donna - era stata ricoverata alcuni giorni prima, in seguito a una una caduta. Secondo la tesi dell'accusa, chi la visitò nel reparto di Medicina interna A, nonostante sintomi significativi, non si accorse della patologia di cui soffriva e che la portò alla morte. La causa del decesso è infatti stabilita dai consulenti medico legali del pm, Mario Pini e Emanuela Segreto, come "certamente riconducibile a trombo-embolia polmonare acuta bilaterale massiva secondaria a flebo-trombosi della vena femorale destra".

Per gli stessi consulenti, tenuto conto della gravità dell'embolia e in presenza di un ematoma subdurale acuto - che non avrebbe consentito un trattamento farmacologico con eparina - non è possibile affermare con certezza che si sarebbe potuto evitare la morte. Tuttavia la condotta dei tre medici che hanno visitato la paziente il 19, 20, 21 e 22 luglio ha "rivestito un ruolo causale concorrente sinergico nel determinismo dell'exitus, in quanto una precoce diagnosi di tromboembolia polmonare, del tutto possibile nel caso in esame, avrebbe migliorato la prognosi della paziente, e quindi consentito maggiori probabilità di sopravvivenza, anche se non è in alcun modo possibile fornire una stima più precisa circa l'entità di tali probabilità".

Inizialmente furono indagati anche altri tre medici, poi le loro posizioni furono stralciate. Il giudizio era stato chiesto dal pm Beatrice Ronchi. I tre sono assistiti dall'avvocato Sabrina Di Giampietro (in un caso, insieme all'avvocato Pietro Giampaolo). I familiari dell'anziana sono stati risarciti e non si sono dunque costituiti parti civili.

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