Bologna, officina Maserati, radio Ducati. I tesori della Camera di Commercio

Nell’archivio della Mercanzia le storie che hanno fatto Bologna

L’atto del 31 ottobre 1945 per il laboratorio biochimico Al.Fa. di Marino Golinelli

L’atto del 31 ottobre 1945 per il laboratorio biochimico Al.Fa. di Marino Golinelli

Bologna, 10 agosto 2017 - E’ il primo dicembre 1914: un ragazzo coi baffi originario di Voghera sfida il freddo per recarsi fino nell’atrio affollato del Palazzo delle Mercanzie a compilare, con l’aiuto di un addetto del Registro delle ditte, la denuncia di una «officina meccanica per riparazione automobili e garage» in via De’ Pepoli 1A. Nulla di straordinario, fuorché il nome: lui è Alfieri Maserati, e in quel garage a breve sarebbe iniziato il mito delle auto sportive (FOTO).

Anche l’inizio del successo è conservato su carta: il 31 maggio 1924, Maserati manda una lettera in carta intestata alle Mercanzie per denunciare che «oltre alla costruzione di candele e la riparazione d’auto abbiamo intrapreso la costruzione di automobili completi». Sono documenti ufficiali, ingialliti ma perfettamente conservati.

E’ il tesoro nascosto nascosto della Camera di Commercio, conservato nel sotterraneo di quella bellissima sala, oggi luogo di conferenze stampa e meta di qualche turista più informato, dove fino al 1975 gli imprenditori bolognesi si recavano di persona a denunciare le proprie attività. «L’archivio storico di Palazzo della Mercanzia – spiega orgoglioso Giorgio Tabellini, presidente della Camera di Commercio – è uno scrigno gelosamente conservato nei secoli. Custodisce gli atti che dimostrano l’impegno e la passione delle generazioni di imprenditori che ci hanno preceduto. In ogni foglio c’è una storia che quasi sempre vede intrecciate famiglia e impresa, con lo sfondo della grande Storia che nel frattempo si sviluppava».

Prendi il gruppo di persone in giacca e cravatta che entrò il 4 luglio del 1926, a compilare il foglio relativo alla ‘Società scientifica radio brevetti Ducati’, avente per oggetto «lo sfruttamento dei brevetti intestati al signor cavalier ingegner Antonio Cavalieri Ducati». Di moto ancora non si parlava. E non si parlava di auto nel modulo compilato il 16 gennaio 1953 dal 37enne signor Lamborghini Ferruccio.

La sua industria, dice il foglio, «fabbrica e vende trattori agricoli». La leggenda, infatti, narra di un Ferruccio appassionato di auto sportive che bussa alla porta del suo amico Enzo Ferrari per convincerlo che qualcosa non va nel cambio delle sue auto. Una volta, due, tre. Finché il modenese sbotta e gli intima: «Se pensi di essere più bravo, costruisciti le tue macchine!». Detto fatto, ma non prima di un passaggio in Camera di Commercio, il 9 maggio ’63, per compilare in fretta (la calligrafia stavolta è sbrigativa) il solito modulo e avvertire che la sua fabbrica avrebbe avuto per oggetto principale «la produzione ed il commercio di automobili».

Il 26 novembre 1920 il passaggio della distilleria da Gennaro a Aldo Fabbri
Il 26 novembre 1920 il passaggio della distilleria da Gennaro a Aldo Fabbri

Ci sono stati anche anni cupi: quelli in cui nei moduli, a un certo punto, compare una riga nuova di zecca per indicare la razza. A guerra passata, il 31 ottobre 1945 spunta alle Mercanzie un farmacista 25enne, che di nome fa Marino Golinelli, per denunciare il suo ‘Laboratorio biochimico prodotti Al.Fa’ in via Frassinago 4, dove ha avviato la produzione di un portentoso sciroppo per la tosse. Il resto è Storia.

A scavare in archivio a ritroso, invece, si arriva al 1804: qui tutto è scritto a penna, su carta è spessa come un tessuto. «Lì 21 ottobre 1804», Luigi Fanfani avverte di aver aperto con 200 lire la sua «bottega sotto al Voltone», non serve indirizzo. E 200 lire ha versato «Bianchi Luigi, calzolaro in San Felice».

I più antichi sono i libri della catena. Risalgono al tribunale mercantile. Erano esposti sui tavoli della Mercanzia, assicurati alle catene per evitare il furto di carta preziosa. Servivano alla libera consultazione delle informazioni. Oggi la chiameremmo ‘trasparenza’. In fondo non ci si inventa mai niente.

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