Bologna, fisco, l'inferno quotidiano degli imprenditori

Indagine di Confartigianato su oltre 230 aziende, pochissimi i segnali positivi: pratiche infinite e norme indecifrabili

TERRITORIO L’indagine ha riguardato 239 aziende bolognesi di diverse settori: artigianali, commerciali, industriali e libere professioni

TERRITORIO L’indagine ha riguardato 239 aziende bolognesi di diverse settori: artigianali, commerciali, industriali e libere professioni

Bologna, 7 agosto 2017 - Pressione fiscale elevata e pratiche di durata biblica, in un settore produttivo locale costretto ad arrancare da una pesante zavorra. I dati, raccolti da Confartigianato Imprese Bologna nel recente sondaggio online coordinato dalla dottoressa Sofia Reatti, del resto, non lasciano spazio a dubbi e individuano in tassazione e burocrazia i primi nemici della piccola e media imprenditoria. Un campione di 239 aziende bolognesi con un numero di dipendenti compreso fra 1 e 15, che operano nei comparti artigianale (48,3%), commerciale (23,7%), industriale (7,6%) o in quello delle libere professioni (12,3%), ha, infatti, tracciato un quadro a tinte fosche, fatto di continui ritardi e costi esorbitanti.

In primo luogo, preoccupa la percezione del carico fiscale, in aumento secondo l’80% degli intervistati e stazionario secondo il 18%, nonostante le cifre ufficiali segnalino, per quanto riguarda il 2017, una lieve diminuzione, che lo ha portato, in media, sotto la soglia del 43%. Le differenze, invece, emergono quando si parla delle soluzioni al problema, con il 50,2% dei nostri imprenditori e professionisti che preferirebbe «mantenere lo stesso regime fiscale a fronte di una migliore qualità dei servizi», il 30,8% che vorrebbe «pagare meno tasse anche se i servizi venissero a costare di più» e un 16,6% disposto addirittura a «limitare le politiche assistenziali e sociali per ridurre le tasse». Le nemesi principali sono le accise sul carburante, indicate fra i pagamenti più indigesti dal 54% delle persone contattate, seguite a ruota dalle imposte sulla casa (53,6%) e dai costi delle utenze (48,1%), con il 51,5% del campione che invoca aliquote inferiori al 35% e il 39,7% che si spinge a chiedere un livello di pressione compreso fra il 20% e il 30%. Questo anche al prezzo di qualche sacrificio, visto che il 32,2% degli intervistati sarebbe pronto a fare a meno degli interventi statali in materia di trasporti e il 25,6% rinuncerebbe subito agli investimenti rivolti alle aziende, mentre pochi accetterebbero compromessi sui fronti di sicurezza (7,2%), sanità (3,4%), ricerca (6,6%) e scuola (1,2%).

C’è poi, il capitolo burocrazia, dal quale emerge come il 15,9% dei soggetti sia costretto a dedicare 10 ore settimanali al disbrigo delle pratiche, con liberi professionisti e artigiani in testa alla classifica, mentre solo il 10,9% riesce a contenerne i tempi in 2 ore alla settimana. Il punto davvero dolente, che allunga oltre misura tempi e modi di percorrenza del labirinto burocratico, starebbe poi nella complessità delle norme (46,4%), ancora prima che nella confusione e sovrapposizione organizzativa degli enti preposti (22,7%), oltre che nella quantità degli adempimenti richiesti, con il 69,5% dell’utenza che nell’ultimo anno si è dovuto recare negli Uffici Pubblici almeno 10 volte. Nonostante questo, comunque, non sono inusuali multe e sanzioni, che negli ultimi 12 mesi hanno colpito il 38% dei lavoratori intervistati, per erronee compilazioni (35% dei sanzionati) o omessi adempimenti (39%).

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