Donadoni l'uomo in più: stoppate le sirene azzurre, è il riferimento rossoblù

Saputo lo ha voluto per continuare a crescere

Roberto Donadoni (Schicchi)

Roberto Donadoni (Schicchi)

PER UN PAIO di mesi, a primavera, è stato l’Amleto della panchina che s’interrogava su quale strada del futuro imboccare. Poi ha fatto (pardon: confermato) la sua scelta: meglio il bis col Bologna che quello con l’azzurro, seducente ma pur sempre pericoloso, della Nazionale. E allora avanti con Roberto Donadoni.  L’uomo della Provvidenza, si disse a ragione lo scorso ottobre, quando gli bastò sfiorare il brutto anatroccolo rossoblù per tramutarlo repentinamente in cigno; l’Uomo dei Temporeggiamenti, si pensò invece a primavera, quando il presidente della Figc Tavecchio lo corteggiò a lungo per il dopo Conte; l’Uomo del Progetto, si spera infine oggi. Lo spera innanzitutto Saputo, che ha trovato nel coetaneo bergamasco (quasi 52 anni Joey, quasi 53 Donadoni) l’allenatore giusto a cui affidare un gruppo che ha imboccato consapevolmente la strada della crescita per gradi e non quella dell’esplosione tumultuosa.  DEL RESTO il segreto per una pianta sana sta nella cura delle radici, come sa bene Donadoni, il cui padre, fino all’età di vent’anni faceva il contadino. Anche Roberto, a suo modo, da dieci mesi sta ‘arando’ con cura il campo rossoblù: distribuisce alla bisogna carezze e stilettate, pungola i più giovani (vedi alla voce Masina e Destro), blandisce i veterani (è stato il primo sponsor della riconferma della ‘chioccia’ Brienza) e se necessario bussa a rinforzi con la dirigenza, a riprova del fatto che l’aziendalismo non va per forza di cose a braccetto con l’acquiescenza. E allora bis, con tutto ciò che ne consegue. A cominciare dalla risposta al quesito che tutta la Bologna che si riconosce nei colori rossoblù si è posta dopo i quattro mesi a ritmo Champions della scorsa stagione: cosa avrebbe potuto fare questa squadra se Donadoni l’avesse allenata da luglio?  QUEL VANTAGGIO adesso il tecnico lo ha sperimentato concretamente sul campo. Nel dubbio, ha anticipato anche l’inizio dei lavori col pre ritiro in Sardegna. Pur con tutti i dubbi e le difficoltà di costruzione di una squadra a cui la dirigenza non ha messo a disposizione un budget da nababbi, Donadoni nel lungo pre campionato ha potuto plasmare la sua creatura. Quanto questo lavoro in profondità gli sarà restituito in termini di risultati lo dirà il campo. Non sempre i suoi secondi anni sono stati indimenticabili.  A LIVORNO, dopo un formidabile nono posto da subentrante nella stagione precedente, si dimise a febbraio in aperta polemica con Spinelli e con gli amaranto quinti. A Napoli al secondo anno fu esonerato dopo appena 7 partite. A Parma no, si piazzò decimo, che è poi l’obiettivo ‘sussurrato’ che si è dato anche quest’anno. Al di là del piazzamento finale Donadoni sa che qui può aprire un ciclo. Per un club che dall’inizio del 2014 ha avvicendato cinque allenatori (Pioli, Ballardini, Lopez, Rossi e lo stesso Donadoni) continuità è la parola chiave.

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