Il giardino dell’Eden e l’Arca di Noè

In due ettari di terreno strappati all’asfalto, sono arrivati 200 animali e 2.000 coltivazioni

L’ORTO MAGICO Via l’asfalto dei parcheggi, e di fianco alle capriate in legno sono apparsi i campi coltivati

L’ORTO MAGICO Via l’asfalto dei parcheggi, e di fianco alle capriate in legno sono apparsi i campi coltivati

SI SUOL dire, per scherzo, ma poi neanche troppo, che i bambini di oggi pensano che il tonno nasca in scatola, che il latte sgorghi dalle fontane e che la passata di pomodoro esista in natura in quanto tale. Ne ridiamo tutti quanti, ma poi sappiamo ricordare, anche noi adulti, quando abbiamo sentito l’ultimo muggito di una mucca? E ci siamo mai chinati a terra, quasi fino alle zolle, per staccare dal ramo un rosso pomodoro? Anche per questo nasce Fico, spiegano i suoi ideatori. Un luogo dove l’esperienza della natura è ancora fruibile a tutti, a 360 gradi, per ricreare quel legame diretto e vitale che in natura l’uomo ha sempre avuto e dovrebbe ancora avere con la biodiversità da cui, cibandosi, trae la propria energia quotidiana.

I CAMPI e gli allevamenti di Fico, spiegano gli ideatori del parco, nati anche con un’azione simbolica (per realizzarli sono stati eliminati 20mila metri quadrati di asfalto), sono stati pensati proprio per questo scopo. Una grande fattoria agroalimentare, che possa rappresentare – con le dovute stagionalità, poiché nulla è finto e tutto risponde ai tempi della natura –, la più ampia panoramica di produzioni agricole e il più alto numero di capi di bestiame della cultura mediterranea. Imponenti i numeri, con duecento capi di bestiame e circa duemila cultivar. C’è di tutto: dalle fragole coltivate soprattutto nelle regioni del sud, ai lamponi e i mirtilli, fino alle varietà di uva e su tutte il Sangiovese, di gran lunga il vitigno più diffuso lungo lo Stivale. Dagli agrumi (limoni, aranci e mandarini) di cui l’Italia è tra i primi produttori al mondo insieme con la Spagna, ai meleti trentini, gli albicocchi romagnoli, le ciliegie, i peschi, i peri, i susini e l’immancabile albero di fico. Poi mandorli, noccioli e castagni. Ovviamente i cereali, dominati dalle varietà di riso e di grano tenero e duro, ma senza dimenticare farro, avena e mais. Non poteva mancare poi il luppolo da cui nasce la birra e che, in realtà, nasce spontaneo tra le siepi, al margine dei boschi e lungo le rive.

RITORNATA da poco in produzione, dopo decenni di embargo, a Fico si trova pure la canapa che – nelle sue varietà prive di sostanze psicotrope – per secoli ha costituito la principale materia prima per l’industria tessile. E gli ulivi, oltre che dominare l’ingresso del parco, sono presenti anche tra i campi, per la produzione di olio interna al parco. Chiudono il cerchio verde gli ortaggi – dal pomodoro all’asparago, dalla zucchina al cavolo, dalla lattuga al carciofo e la melanzana, attorniati dalle piante aromatiche: quegli ‘odori’ che per molti chef costituiscono il tocco segreto. Fascino dell’inutile, ma soltanto nell’immaginario – poiché in realtà è utilissimo alla biodiversità –, tra i campi spunta a un certo punto un prato fiorito, che si rivelerà cruciale tra qualche mese, quando verrà prodotto il primo miele.

NEL LATO speculare a quello in cui verdeggiano i campi, da tempo a Fico sono arrivati anche gli animali. Una specie di moderna ‘Arca di Noè’ che annovera animali per ogni specie e fase della vita: dagli agnellini da latte alle capre, da sua maestà il maiale ai bovini delle più celebri razze tipiche italiane. Prendiamo il suino: quanto sarebbe stato riduttivo portarne una sola razza. Così i visitatori potranno conoscere di persona il maiale nero calabrese, la cinta senese, la mora romagnola, il bianco, il grigio. E quanti ovini saremmo in grado di citare? Sono presenti le pecore di Altamura, quelle sarde (ovviamente), quelle delle Langhe, la sopravvissana, la lauticauda e la bagnolese, in buona compagnia con le capre bionde dell’Adamello, quelle camosciate, le saanen, le malesi, le cilentane e le ciociare. Lo stesso dicasi per le mucche: la Bruna italiana, la frisona, la valdostana la rossa reggiana il cui latte regala il Parmigiano più pregiato, la bianca modenese e la grigia altoatesina. E poi conigli, tacchini, galline, oche, cavalli e asini: una di loro, rimasta incinta poco prima di venire trasportata all’interno del Parco, probabilmente in questi giorni sarà la prima a partorire. Tanti altri, ovviamente, ne verranno.