Viaggio nei laboratori delle prelibatezze dove gli ingredienti si trasformano in leggenda

Quaranta produttori da tutta Italia hanno ricreato in piccolo i loro impianti produttivi

CARRELLATA DI BONTÀ La fabbrica di Granarolo e, a destra, una visuale del viale interno

CARRELLATA DI BONTÀ La fabbrica di Granarolo e, a destra, una visuale del viale interno

L’UNICO modo per conoscere davvero il cibo è vederlo nascere sotto ai nostri occhi. Con questo motto sono nate all’interno di Fico le quaranta fabbriche di trasformazione delle materie prime. Non luoghi posticci, però, bensì pensati, costruiti e gestiti da coloro i quali quotidianamente e da anni realizzano quegli stessi prodotti altrove. Siano essi grandi gruppi industriali, medie aziende o piccoli produttori artigianali, all’interno del parco sono accomunati dalla sfida di riprodurre, in piccolo, il loro processo produttivo. Provengono da tutta Italia, divisi in sei filiere: carne, uova e pesce; cereali; lattiero-caseario, ortofrutta e conserve, bevande e condimenti e infine dolci.

LA LISTA è lunga e percorre l’Italia in tutta la sua lunghezza. Ci sono i salumi della Antica Arenga, bassa parmense, il consorzio della Mortadella di Bologna e c’è Madeo, produttore di salumi calabresi. Savigni è un nome d’eccellenza dei salumi di Cinta senese, mentre al prosciutto di Parma pensa Ruliano. Le carni di razza piemontese sono di La Granda. La selvaggina arriva invece dalla macelleria Zivieri a Monzuno, sull’appennino bolognese. Le uova parlano romagnolo (Eurovo) e il pesce lo lavora Lpa Group, specialisti di Ariano Irpino, Avellino.

PER il lattiero-caseario non poteva mancare Granarolo, il cui stabilimento nasce a pochissimi chilometri da Fico, e che all’interno della fabbrica già produce mozzarelle, yogurt e latte. Immancabili il consorzio Grana Padano e di quello del Parmigiano Reggiano, mentre lo squacquerone, formaggio fresco, nasce tra le mani esperte del Caseificio Valsamoggia, nel Bolognese. Il Molino Grassi, riferimento europeo nella realizzazione di farine e semole, macinerà il grano prodotto a Fico, per poi fornire la farina ai Calzolari di Monghidoro, una vita a produrre pane. La pasta secca all’uovo è marchigiana, targata La Campofilone, quella di grano non poteva che essere in mano a un’azienda di Gragnano:il Pastificio Di Martino. Gioca in casa Bologna, patria di tagliatelle e tortellini, nella pasta fresca realizzata da SfogliAmo, mentre il riso è ferrarese e lo lavorerà Grandi Riso.

DA POCHI chilometri di distanza dal parco arrivano Pizzoli (Budrio), leader italiano della lavorazione delle patate, Roboqbo (Bentivoglio) e La Dispensa di Amerigo (Savigno). I tartufi però sono umbri, e rispondono al nome di Urbani, mentre le spezie sono di Elika di Villarbasse, Torino. Il consorzio di vini Cevico (Lugo, Ravenna) imbottiglia il suo Sangiovese, Fontnafredda gestosce lo spazio delle grandi etichette e Baladin, geniale birraio piemontese, penserà a lavorare il luppolo. L’olio è ligure e lo realizza Roi, Imperia, e i distillati sono del Fico Cocktail bar da Rosignano. Toscana.

DULCIS in fundo. All’interno di Fico nasceranno i panettoni Balocco, ed è la prima volta che ciò non accade nella fabbrica di Fossano, Cuneo. Il gelato lo fa la bolognese Carpigiani, leader mondiale delle macchine per il gelato. Il miele lo producono le api con la supervisione di Conapi-Mielizia (Monterenzio). Da Rossano, Calabria, gli Amarelli sono arrivti a lavorare la liquirizia. La pasticceria è siciliana, e risponde al nome di Palazzolo (Cinisi), ma per il cioccolato si torna in Piemonte, con Venchi. I maestri confettieri non potevano che arrivare da Sulmona, e rispondono al nome di William Di Carlo. A tutti loro sono affidate le quaranta fabbriche di Fico, che produrranno ogni giorno prodotti a marchio Fico (acquistabili), prediligendo per le materie prime gli stessi frutti dei campi e degli allevamenti di Fico e del mercato ortofrutticolo giusto di fianco.