L'empatia che non c'è

Il commento

Bologna, 28 aprile 2015 - Sono tempi duri per Virginio Merola: il calo dei consensi, l’astensionismo annunciato, le critiche di parte del suo stesso partito, il disagio di moltissimi dei suoi amministrati (cioè noi) sono lì a dimostrarlo. Eppure Merola va avanti per la sua strada, che è poi quella dell’autoricandidatura per un altro mandato «per portare a termine il lavoro iniziato». Verrebbe da chiedergli di quale lavoro stia mai parlando. Vista soprattutto la macroscopica assenza di un progetto vero per la futura città metropolitana. Un’assenza che gli viene rimproverata anche da molti esponenti dello stesso Pd.

Ma prima ancora di questo esiste una incapacità del nostro sindaco di rapportarsi con gli altri. Parliamo delle asprezze, degli improvvisi mutamenti di comportamento, della volontà di non comunicare. Attenzione non abbiamo detto incapacità o insufficienza, ma volontà di comunicare, di informare. Qui, temiamo, le cause stiano a monte, vale a dire nella filosofia (chiamiamola così, con un’ iperbole), che Merola ha del rapporto da stabilire con i suoi amministrati. Esiste la strana idea che il Comune annunci le sue scelte, senza nemmeno più la fruttuosa finzione, adottata in tempi passati dal Pci- Pds-Ds, quella, cioè, di affrontare ogni risoluzione importante in decine di assemblee di sezione, di incontri pubblici.

Poi, è vero, alla fine vinceva il centralismo democratico, ma la gente aveva almeno l’impressione di essere stata consultata. Esiste poi un altro intoppo che rende estranea, se non nemica, l’amministrazione a una fetta consistente dei bolognesi. Parliamo della giunta. Per non essere troppo prolissi ci soffermeremo solo su due esempi: l’assessore al traffico (e alle biciclette) Colombo e quello alla Cultura Ronchi. Colombo dà sempre l’idea di perseguire un suo disegno ideologico ben preciso, quello di farci andare tutti a pedi o in bici (anche contromano, anche sotto i portici, anche di notte senza luci). Un disegno che sa tanto di una visione del mondo che vorrebbe essere ecologista ed è solo bizzarra. Un disegno che porta a decisioni prese in solitudine o ascoltando chissà chi. Sarà il caso di ricordare la chiusura di Via Volturno senza consultare i residenti.

Colombo è quello che mette le piste ciclabili sui viali di circonvallazione e si dimentica di fornire le maschere antigas ai ciclisti. Colombo è quello che vuol trasformare Piazza Galileo in un giardino, togliendo spazio alle auto della questura e eliminando de facto il parcheggio pubblico di Piazza Roosevelt, dopo che qualcuno gli deve aver spiegato che farne uno sotterraneo, come aveva ipotizzato, vuol dire scoprire il centro della Bononia romana, con conseguenti blocchi dei lavori. 

Ma c’è almeno un altro membro della giunta che va citato, appunto Ronchi, con idee spesso in contrasto tra loro («Bologna dovrà puntare sull’arte contemporanea», dichiarò e qualche tempo dopo invece «Bologna dovrà puntare sull’arte antica»). Uno che è dotato di un’arroganza senza pari. Quell’arroganza che gli ha fatto respingere la richiesta di un incontro con i dipendenti dei musei, di cui vuole privatizzare molte attività, con questa frase: «Non siamo mica in un paese del socialismo reale» . Dimostrando di non aver la minima idea né sul socialismo reale né sul mestiere di assessore. Insomma, non tutte le colpe sono riconducibili al solo sindaco ma anche ai suoi, che peraltro Merola si è scelto. Congratulazioni.

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