Il silenzio degli adulti

TRA i doveri non scritti di un Capo dello Stato c’è anche quello di accompagnare, temperare e in un certo senso guidare gli umori della nazione. Quando, nell’estate del 1981, il piccolo Alfredino Rampi precipitò in un pozzo ardesiano e vi rimase imprigionato per tre giorni filati prima che la morte lo sottraesse al terrore, la pietà, la paura del buio e il senso di impotenza sconvolsero gli italiani. E di quell’emozione, alimentata da un’estenuante diretta televisiva, fu protagonista indimenticabile Sandro Pertini. Stavolta è peggio. Il caso della piccola Fortuna Loffredo ci lascia due volte senza fiato: perché ci obbliga a prendere atto della malvagità umana (che razza di uomo può essere capace di violentare una bimba di sei anni per poi scagliarla dalla finestra come fosse un fiore secco?) così come con l’umana ignavia (a raccontare cosa fosse successo è stata un’altra bambina, gli adulti hanno taciuto, alcuni hanno addirittura occultato le prove del delitto).

È DUNQUE per associarsi allo sconcerto nazionale e al tempo stesso per incoraggiare chi sa a parlare che ieri il capo dello Stato Sergio Mattarella è intervenuto sulla vicenda. L’ha fatto per lenire un dolore collettivo, l’ha fatto per squarciare il velo dell’omertà. Sul giornale di ieri, abbiamo titolato la notizia con una sola parola: «L’orrore». Era una citazione da Joseph Conrad. «L’orrore! L’orrore!», furono le ultime parole del mefistofelico Kurtz, irrimediabilmente precipitato nel «cuore di tenebra» della natura umana. L’orrore accompagna la Storia, il male appartiene all’uomo tanto quanto il bene. Anzi, come ci ricorda la vicenda di Cristo, sulla terra il male sovrasta il bene. Ma è una realtà rimossa, quotidianamente nascosta dietro un paravento di buoni sentimenti. Illusioni. Sì che quando le cronache illuminano quel che di tenebroso c’è in noi finiamo spesso per trincerarci dietro un moto di stupore: possibile? Possibile.

E SAREBBE ipocrita cavarsela evocando le turpitudini morali dei napoletani affamati ai tempi della «Liberazione» descritte da Curzio Malaparte ne «La Pelle». L’orrore non ha confini. È per questo che abbiamo voluto affiancare agli articoli di cronaca sul caso di Fortuna Loffredo quelli sul caso di Willy Branchi. Non siamo a Sud, siamo a Nord. Non siamo a Napoli, siamo nella provincia di Ferrara. Nella piccola Goro, il giovane Willy 28 anni fa fu abusato e poi ucciso. Lo ritrovarono nudo in un campo. Grazie all’inchiesta giornalistica del Carlino, le indagini sono state riaperte. Si sospetta un giro di pedofili, si è capito che molti sanno. Ma nessuno parla. «Mi vergogno di conoscere quelli che sanno e non parlano», ci ha detto in questi giorni il fratello di Willy, che da ventotto anni gira per le strade di Goro guardando negli occhi i suoi concittadini e sperando che all’abbassarsi degli sguardi seguano prima o poi parole rivelatrici. Impossibile confinare il male lontano da noi. È come la morte, meglio sapere di averlo sempre al nostro fianco. Ma più della malvagità di un singolo, a farci davvero orrore è l’omertà di molti. Ce lo ha ricordato ieri il capo dello Stato, faremmo bene a ricordarcelo da soli.