La leggerezza, peccato mortale

Cesare Sughi

Cesare Sughi

Bologna, 21 novembre 2014 - Stato leggero. Partiti leggeri. Regioni leggere. Procedure leggere. Regole leggere. Comuni leggeri. Viviamo i tempi della velocità delle scelte, delle decisioni che non ammettono tanti dibattiti, delle scelte che, buone oggi, domani potrebbero già essere invecchiate. Leggerezza e rapidità sono ormai le parole d’ordine di chi guida il governo, gli enti pubblici e privati, i luoghi della cultura e della finanza. E le città. Fine della macchinosità delle vecchie amministrazioni. Bologna sarà se sarà una ‘smart city’, intelligente, ipertecnologica, pronta a viaggiare sulle più spinte innovazioni digitali. Bologna vivrà se solo mangerà futuro, gaiamente, giovanilmente, con spavalderia.

Eppure, nelle sue ‘Lezioni americane’ Italo Calvino ci aveva avvertiti: «La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso». E dove starebbero, la precisione e la determinazione, in un’amministrazione che si fa beccare dalla Corte dei Conti per aver assegnato al suo ex segretario generale un trattamento di cui non poteva beneficiare in quanto non laureato? La leggerezza, in chi ha compiti di governo, è un peccato mortale. E’ una leggerezza, appunto – ecco la leggerezza che non può piacere ai cittadini –, è la mancata riflessione sulle conseguenze di un atto non tanto dal lato legale, quanto dal punto di vista del bisogno di comportamenti certi, nei suoi leader, di cui Bologna ha voglia e bisogno. 

Ma attenzione, nessun alibi, torno a dire che la leggerezza al livello pubblico è un peccato mortale. Perché mette insieme idee di impunità, di sottovalutazione, di infallibilità. Non c’è moralismo, in queste parole. C’è l’idea che scelte non necessarie sono inevitabilmente errate, immotivate agli occhi della gente e, per dirla chiara, inopportune (non sto dicendo interessate). Già, perché l’opportunità non è solo la capacità di cogliere un momento favorevole, bensì anche il senso della regola – è opportuno fare questo o quest’altro? –, di ciò che è consono con il proprio ruolo. Verranno i ricorsi, tutto si sgonfierà, la Verità Trionferà. Ma intanto ci tocca perder tempo dietro a una leggerezza che, non solo in questo caso, apre più di una falla nell’opinione pubblica. Nulla è più inaccettabile, oggi, che sentirsi dire – come per lo scandalo delle spese in Regione – che per molti consiglieri la contestazione riguarda poche migliaia di euro.

Chi lo afferma ignora lo spirito dell’epoca, talmente frammentata che anche una situazione apparentemente minore acquista la forza di un segnale politico sgradevole. E non appartiene alla lista delle più deplorevoli leggerezze la pensata del sindaco di Imola e della sua giunta di affidare la gestione di autovelox e photored a una società esterna – con relative manipolazioni del ritmo dei semafori ecc. – mentre il codice della strada impone che tali servizi spettino solo alle forze pubbliche? Cito Milan Kundera, dall’‘Insostenibile leggerezza dell’essere’: «La pesantezza, la necessità e il valore sono tre concetti intimamente legati tra loro: solo ciò che è necessario è pesante, solo ciò che pesa ha valore». A Palazzo d’Accursio il romanzo è di sicuro notissimo. Davvero impossibile trarne qualche spunto per costruire una città meno ondulante, meno trendy e dotata di una pesantezza specifica più stabile? 

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