Lettere ingiuriose al carabiniere ferito davanti a Palazzo Chigi, un uomo finisce a giudizio

Negli scritti anonimi si legge “Giuseppe Giangrande non mi fa pena, gli auguro di rimanere così tutta la vità“

Giuseppe Giangrande, il sottufficiale dei carabinieri ferito davanti a Palazzo Chigi

Giuseppe Giangrande, il sottufficiale dei carabinieri ferito davanti a Palazzo Chigi

Bologna, 20 gennaio 2015 - Lettere ingiuriose sono state inviate a Giuseppe Giangrande, il sottufficiale ferito nell’aprile 2013 davanti a Palazzo Chigi nel giorno del giuramento del Governo Letta.

Gli scritti anonimi sarebbero stati spediti da un pensionato di 77 anni, che è stato citato in giudizio dalla Procura di Bologna dopo le indagini dei carabinieri di Imola sugli scritti arrivati al centro riabilitativo di Montecatone, dove Giangrande trascorre periodi di cura. «Non mi fa minimamente pena», si legge in una lettera dove si augura al militare «di restare così tutta la vita».

Le lettere raccomandate inviate al centro di riabilitazione sono tre, tra maggio e settembre 2014, due quelle considerate ingiuriose: sono state ricevute dalle figlia di Giangrande, Martina, che ha presentato querela. I militari sono arrivati all'anziano risalendo ai due diversi uffici postali da cui sono state spedite e si è arrivati all'identificazione dell'autore dopo aver visionato le immagini della videosorveglianza degli uffici.

Il procuratore aggiunto Valter Giovannini ha emesso un decreto di perquisizione e quando i carabinieri sono arrivati a casa del pensionato, questi ha ammesso, dicendo di aver scritto perché indignato contro le istituzioni. Nelle lettere si fa riferimento ai casi Aldrovandi, Cucchi, Uva, Mogherini e ad un controllo subito dopo essere passato con il rosso. «Siete delle belve - si legge in passaggio - qualche sbirro è morto, ma sono di più i cittadini inermi da loro uccisi». «Non mi rallegro di sapere - è un'altra frase - che le sue condizioni siano migliorate». Il reato di ingiurie è di competenza del giudice di pace e l'indagato rischia una pena pecuniaria. Per il procuratore aggiunto Giovannini si tratta di «lettere dal contenuto oltre che ingiurioso, crudele sul piano umano».