Monteveglio, viti abbattute dal nubifragio. "Filari da reimpiantare, un disastro"

Fabio Pasini: "Era già un'annata difficile e ora con questo"

Monteveglio (Bologna), Fabio Pasini nella sua vigna (Foto Mignardi)

Monteveglio (Bologna), Fabio Pasini nella sua vigna (Foto Mignardi)

Monteveglio (Bologna), 14 settembre 2014 - "Pioggia, vento e grandine: la metà dell’uva è già stata mostata in vigna". E’ ancora frastornato Fabio Pasini, 41enne viticoltore di Montebudello mentre mostra la sua vigna devastata dal turbine che giovedì notte ha seminato terrore e distruzione fra le valli del Panaro e del Samoggia.

Sui tredici ettari complessivi di vigneto che volge il suo versante a Savignano, ce ne sono almeno quattro stesi a terra, coi pali divelti e l’uva che appoggia direttamente sull’erba.

"Da ieri cerchiamo di salvare il salvabile. Ma la vede, quello scaravento l’ha come macinata, i chicchi sono rotti, ossidati. Già è un’annata difficile con l’oidio, la peronospera. E adesso questo disastro. La metà del raccolto se n’è andato e poi ci sono i danni agli impianti: pali, fili, viti fiaccate...".

Ai danni in campagna si aggiungono quelli al capannone e al coperto della casa. Un mal comune con i residenti della zona, colpevoli di essersi trovati al centro della striscia percossa dal turbine che ha portato danni nella valle del Samoggia, in particolare a Monteveglio, poi in valle del Landa, del Lavino e anche del Reno.

"A Sasso si è allagato il sottopasso della stazione e anche le strade vicine. Poi ci sono stati piccoli smottamenti per la pioggia e anche danni ad alberi e manufatti" spiega il sindaco di Sasso, Stefano Mazzetti.

Ma è sui danni al comparto agricolo che si concentra l’attenzione di Gianni Tosi, presidente di Confagricoltura Bologna: "E’ iniziata purtroppo la conta dei danni nelle aziende colpite dall’evento atmosferico abbattutosi a macchia di leopardo sulle colline di Monteveglio — osserva Tosi —. Il caso dell’azienda agricola Pasini Bellucci è emblematico. Oltre al mancato raccolto, ora l’imprenditore dovrà fare valutazioni sul futuro dell’intero vigneto che implicheranno inevitabilmente dei costi aggiuntivi, ossia se predisporre il ripristino delle strutture portanti della pianta o addirittura l’estirpazione e il successivo reimpianto dei filari abbattuti che comporterebbe una perdita di almeno 3 anni di produzione. Bene dunque la richiesta dello stato di calamità già approntata dal sindaco Daniele Ruscigno ma soprattutto auspichiamo che, a partire dal 2015, vengano subito attivati i fondi mutualistici in grado, oltre alle assicurazioni, di risarcire le aziende agricole in caso di calamità o crisi di mercato come programmato dalla nuova Politica Agricola Comunitaria" conclude Tosi.

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