Matrimonio on-line: "E’ stata un’attesa molto lunga, ma alla fine ce l’abbiamo fatta"

Silvia e Zakir hanno pronunciato il sì via internet. Ora, grazie alla Cassazione, la loro unione è valida a tutti gli effetti

SUL PROFILO FACEBOOK Un’immagine di  Silvia Ferri, infermiera 36enne, e di  Zakir Baloch, pachistano 30enne. Il loro matrimonio venne suggellato col consenso scambiato in collegamento web il 18 settembre 2012, ma il Comune non lo riconobbe

SUL PROFILO FACEBOOK Un’immagine di Silvia Ferri, infermiera 36enne, e di Zakir Baloch, pachistano 30enne. Il loro matrimonio venne suggellato col consenso scambiato in collegamento web il 18 settembre 2012, ma il Comune non lo riconobbe

San Giovanni (Bologna), 30 luglio 2016 - E dopo il ‘divorzio breve’, arriva il ‘matrimonio virtuale’. Che poi tanto virtuale non lo è perché, come già raccontato ieri dal Carlino, la Cassazione, ‘smentendo’ il Comune, ha dichiarato valido un matrimonio contratto via internet.

E a cantare vittoria, adesso, sono proprio gli sposi che, di fatto, aprono la strada a tutti coloro che si amano e che, o perché hanno un oceano che li divide o perché non hanno i mezzi per ricongiungersi, potranno anche pronunciare il fatidico sì a migliaia di chilometri di distanza. «Sapevamo che il nostro era il primo caso, però non pensavamo di dover aspettare così tanto tempo – raccontano –. Ci siamo fatti forza e alla fine ce l’abbiamo fatta».

A manifestare la propia felicità è Silvia Ferri, infermiera 36enne di San Giovanni, che si è vista appunto riconoscere la validità per l’ordinamento italiano del matrimonio con Zakir Baloch, pachistano 30enne, suggellato col consenso scambiato in collegamento web il 18 settembre 2012.

La storia, raccontata nello studio dell’avvocato Marco Mellone che li ha assistiti, iniziò online nel 2011. Lei «per motivi personali» non poteva viaggiare all’estero, lui «per motivi burocratici» non ha potuto lasciare il Pakistan fino a marzo 2016, quando ha incontrato di persona la sposa. Nel frattempo i giudici di appello avevano riconosciuto la validità della trascrizione, rifiutata dal Comune, e un’altra sentenza, a novembre, il ricongiungimento.

Adesso pensano a ribadire il consenso con una cerimonia tradizionale, perché ovviamente un sì ‘virtuale’ non può emozionare come un abbraccio. I due, ha spiegato il legale, quando iniziarono a desiderare con forza di conoscersi di persona, vennero a sapere da un avvocato pachistano che nel paese asiatico la legge prevede anche il matrimonio telematico o telefonico. Prepararono dunque la documentazione, che si scambiarono per posta: lei firmò le carte davanti a un notaio, gli atti furono inviati in Pakistan dove il fidanzato, che lavorava nell’ambito della fotografia e ora ha iniziato a studiare l’italiano, li controfirmò.

 

Davanti ad un pubblico ufficiale locale e collegato via web, ribadì dunque il consenso e la stessa cosa fece lei. Ma i problemi cominciarono col rifiuto del Comune di San Giovanni in Persiceto e iniziarono i ricorsi che hanno portato alla decisione della Suprema Corte. Quello che ha sancito la Cassazione, ha proseguito il legale, è che se due cittadini decidono, secondo la legge di uno Stato che lo prevede, di contrarre quel tipo di matrimonio, sarà possibile ‘importarlo’ dall’estero, cioé sarà considerato valido anche in Italia. «Dobbiamo ringraziare la flessibilità dimostrata dai giudici, che hanno saputo adattare la giurisprudenza a un fatto nuovo», ha detto.

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