Mercatone, 400 milioni di debiti: "Paghiamo la guerra dei prezzi"

Servadei presiede il Cda: «Nuovi soci? Ci sono soggetti interessati»

La sede principale del Mercatone Uno

La sede principale del Mercatone Uno

Imola, 21 gennaio 2015 - Alessandro Servadei, 46 anni, è il commercialista di Bologna che dall’aprile 2014 presiede il consiglio d’amministrazione di Mercatone uno. «Avrei dovuto subentrare più avanti, ma lo stato di salute del signor Cenni (Romano, storico fondatore oggi 81enne, ndr) ha anticipato i tempi», racconta lui che da 12 anni è consulente della famiglia Cenni.

Nel curriculum di Servadei non mancano le esperienze in materia concorsuale sul Santerno. E’ stato consulente di Cesi nell’ultimo periodo pre-liquidazione coatta, sotto la gestione Lama-Sutti e liquidatore della F.M. srl che in città si legge Filomarket. Romano Cenni resta presidente onorario della Mercatone. Ad affiancare Servadei ci sono, dal 2013, l’amministratore delegato Pierluigi Bernasconi e il legal advisor Diego Rufini. Da lunedì la Mercatone uno ha depositato richiesta di concordato preventivo

Presidente, avevamo lasciato a luglio la Mercatone uno alle prese con un piano di ristrutturazione ex articolo 67. Cos’è successo poi?

«E’ successo che da agosto a dicembre è cambiato il mondo dei consumi. Il crollo della capacità di spesa, la deflazione e la guerra dei prezzi hanno ridotto la marginalità sulle vendite che comunque continuano a esserci. Anzi, nel 2014 mentre a livello nazionale il settore mobile ha registrato un calo del 20% noi abbiamo registrato un +2%».

Quindi la mission di Mercatone si conferma ancora valida?

«Sì, i ricavi sono in linea, magari non sui volumi che avremmo voluto, ma è la marginalità che è venuta meno. Paghiamo la guerra dei prezzi e le promozioni continue di soggetti come Ricci Casa, Grancasa, Ikea, Mondo convenzienza sul mobile e Mediaworld e altri sugli elettrodomestici. A questo aggiungiamoci che in questo periodo la priorità delle famiglie non è proprio quella di cambiare arredamento».

Vuol dire che anche le altre catene sono in difficoltà?

«Non è bello parlare di altri, ma di sicuro mi interessa vedere i loro bilanci. Per quello che riguarda Mercatone è che abbiamo avuto la certezza che anche il 2015 non sarebbe stato diverso».

Perché non tentare con un’altra ristrutturazione?

«Per i tempi. Il piano dell’anno scorso era pronto ad aprile, poi è stato sottoscritto a luglio. Ci abbiamo messo 18 mesi per chiudere la trattativa con le banche, non poco. Se fosse stato avviato prima forse si sarebbe potuto fare di più. Adesso noi vediamo nella procedura concorsuale un momento di trasparenza e garanzia che solo un tribunale può offrire».

Certo, ma un concordato è anche una scommessa che non è detto sia un successo, non le pare?

«La vera scommessa qui non è se l’attività andrà avanti o meno, ma cosa succederà alla ‘scatola’ vecchia della Mercatone. Il punto è se prevale l’egoismo imprenditoriale o il valore dell’impresa».

Avete comunicato la richiesta di accesso al concordato, ma non i dati del debito. Quali sono?

«Non voglio eludere la domanda, ma ci tengo a precisare che Mercatone uno apre una crisi con tutti gli stipendi pagati e che sarà così anche in futuro. Che i fornitori sono stati tutti pagati per le consegne correnti e future. Che abbiamo liquiditàper andare avanti anche senza supporti esterni. E che nonostante la crisi verranno garantiti tutti i servizi ai clienti, anche quelli che hanno già versato le caparre, senza mai chiudere».

Bene, ma i numeri?

«L’indebitamento complessivo del gruppo ammonta a 400 milioni di euro, metà dei quali con le banche e metà con fornitori, erario e altri. I creditori sono circa 1.600 tra fornitori non dell’ultimo periodo e banche».

Il piano concordatario in elaborazione prevede nuovi soci?

«Abbiamo una decina di soggetti interessati tra fondi di investimento italiani e stranieri e soggetti industriali, sia italiani che stranieri. Non faccio nomi, perché abbiamo clausole di riservatezza».

Le famiglie Cenni e Valentini hanno messo dei vincoli di quote all’ingresso di nuovi soci?

«Nessuno, hanno lasciato campo aperto a tutte le soluzioni. Il tribunale ci ha dato 120 giorni per il piano, noi ne abbiamo dati 60 agli investitori. Diversamente procediamo da soli».