Mercatone Uno vede rosa: "Interesse anche per i negozi chiusi"

Il commissario Vincenzo Tassinari: "L’azienda torna vitale"

Un punto vendita Mercatone Uno

Un punto vendita Mercatone Uno

Bologna, 5 agosto 2015 - «È presto per poter dire come sarà il piano industriale che presenteremo, ma vero è che quello che stiamo facendo ci mette nelle condizioni di poter scegliere tra più strade e non averne una sola». Vede rosa Vincenzo Tassinari, docente universitario ed ex numero di Coop Italia, nominato ad aprile (insieme con Ermanno Sgaravato e Stefano Coen) commissario dell’amministrazione straordinaria di Mercatone Uno.

Professore, la situazione che si è trovato tra le mani, è come se la immaginava?

«Ci siamo trovati di fronte a una situazione molto difficile, complessa e anche compromessa. È ancora presto per fare una diagnosi definitiva, occorre prudenza e cautela».

L’amministrazione straordinaria andava chiesta prima?

«Non entro nel merito di queste valutazioni. Rispondo dal 7 di aprile in poi (ride). Ma se si ripristinano determinate condizioni, allora il perimetro di 60 negozi su 78 che abbiamo identificato in modo oggettivo e trasparente può avere una prospettiva».

Quali condizioni?

«Sono diverse: le relazioni con i dipendenti e i sindacati, quelle con i fornitori, quelle con le banche e con i clienti».

Partiamo dalla prima.

«È indubbio che con il decreto ministeriale (27 luglio, ndr) si dà copertura a tutti i dipendenti, o con la cassa integrazione o con la retribuzione ordinaria perché al lavoro in un punto vendita aperto».

Bè, non è proprio così. Restano i nodi degli associati in partecipazione, ossia i venditori di mobili a provvigione che non possono accedere agli ammortizzatori.

«È un problema che stiamo cercando di risolvere».

Con i fornitori avete trovato un accordo?

«Stiamo lavorando perché la maggioranza dei fornitori torni a darci fiducia, vedendo la rivitalizzazione dei punti vendita e quindi ripristino le condizioni commerciali».

La ‘famosa’ garanzia statale sui pagamenti è arrivata?

«Arriverà. L’istruttoria deve passare il vaglio dell’autorità europea, ma tutto lascia pensare che vada a buon fine. Tra l’altro interessa anche la questione bancaria: ora siamo in stand-by, ma non la peggioriamo nemmeno».

Parliamo dei clienti. Il tribunale ha dato il nulla osta ad accettare i buoni ‘Salta la Rata’ e simili, maturati da oltre 12.500 clienti prima del 7 aprile 2015. Perché l’avete chiesto?

«Sapendo bene che la fiducia dei consumatori si basa su una reputazione, l’aver ripristinato questo tipo di correttezza nei confronti dei clienti è molto importante».

Lei parla di un perimetro di 60 punti vendita, di cui 10 ancora da riattivare entro l’anno e di 53 manifestazioni d’interesse. Ma i 18 negozi chiusi non hanno più speranze?

«No, verrà fuori una combinazione dove anche per quei 18 al momento esclusi o almeno alcuni di loro ci sarà una prospettiva».

Tra le manifestazioni d’interesse c’è anche quella che la vecchia dirigenza del gruppo, a marzo, detto essere interessata a rilevare metà dei negozi?

«Sì. Ma non sono i soli».

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