Il grande Egitto in mostra a Bologna: i 10 pezzi da non perdere

Quasi 500 le opere esposte fino al 17 luglio 2016 al Museo Archeologico per “Egitto. Splendore millenario“. Piccola guida alla scoperta di grandi emozioni

La mostra “Egitto. Splendore Millenario“, al Museo Archeologico di Bologna, fino al 17 luglio 2016 (Foto Schicchi)

La mostra “Egitto. Splendore Millenario“, al Museo Archeologico di Bologna, fino al 17 luglio 2016 (Foto Schicchi)

Bologna, 16 ottobre 2015 - Chissà se si può tentare una graduatoria dei pezzi da non perdere nel viaggio dentro a questo Egitto più quotidiano che poderoso, più raffinato che misterioso. «E’ una mostra che creerà emozioni», hanno ripetuto alla presentazione Paola Giovetti e Daniela Picchi, le due curatrici della mostra “Egitto. Splendore millenario“, aperta da oggi al 17 luglio 2016 al museo Archeologico di Bologna, in cui vengono uniti pezzi del museo bolognese con quelli della racconta olandese di Leiden (FOTO).

Quasi 500 le opere esposte in 1700 metri quadrati di esposizione, per raccontare oltre 4000 anni di storia dell’antico Egitto, dall’età predinastica all’epoca romana.

1) Ve li trovate di fronte sullo sfondo della sala in rosso, affiancati: sono Maya e Meryt, alti nelle loro statue chiare di calcare, lui ‘sovrintendente del regno e sovrintendente di tutti i lavori del re alla metà del XIV secolo avanti Cristo, lei, la moglie, cantrice del dio Amon. Vengono da Saqqara, il sito non distante dal Cairo. E sono destinati a diventare i personaggi più famosi della mostra bolognese, alla quale sono approdati uscendo per la prima vola dalla loro dimora olandese.

2) Siamo al tempo della XVIIIesima dinastia, al regno di Tutankhamon. Fai ancora qualche passo e ti accorgi di essere nel cuore memorabile dell’esposizione: sei al cospetto dei rilievi di Horemheb, con diverse scene di vita, capolavori provenienti dalla sua tomba di Saqqara (un’altra, incompiuta, gli fu dedicata nella Valle dei Re) di colui che, già comandante dell’esercito di Tutankhamon, divenne faraone a sua volta. Così finì la XVIIIesima dinastia. E’ un’altra primizia assoluta: nei 200 anni successivi alla loro scoperta, i rilievi vengono ricongiunti per la prima volta, e si intrecciano con quelli del Museo Archeologico di Bologna. Lievissimi disegni degli allestitori alludono al completamento delle immagini per aiutare a capirli.

3) Come non emozionarsi, davanti all’esotismo (terzo posto) del ‘Rilievo con ritratto di sovrano’, realizzato su calcare dipinto?

4) Quarto, per chi ama il dettaglio miniaturizzato, metto un elemento di pettorale trattato (si presume) dalla tomba del generale Djehuty, l’uomo al quale Tuthmosi III (siamo intorno al 1500 avanti Cristo), affidò il controllo militare delle terre conquistate.

5) Quinta senz’altro la ‘Stele funeraria di bambino’ di epoca romana, per il modo con cui la presenza della morte si fissa nella stupefazione degli occhi del piccolo.

6) Il papiro policromo del ‘Libro dei Morti’ di Taiuheryt è sesto, insieme all’altro papiro policromo dell‘Amduat. Lì, dietro ai segni minutissimi, avverti una grandezza imponente.

7) Al settimo posto non si può non collocare, omaggio a un’oggettistica e oreficeria da far impallidire qualunque designer, il manico di specchio formato dal corpo di una fanciulla che tiene nelle mani un uccellino.

8) Ottavo sarà il vaso canopo a testa di babbuino proveniente dagli scavi di Saqqara, e con esso gli altri due a testa di falco e di sciacallo.

9) Penultimo, il sudario dipinto (è lino) di Sensaos del I secolo dopo Cristo.

10) E in coda la ‘Stele di Neferhotep’, cantante e artista, per la piccola storia amorosa che racchiude.

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