Mostra 'Felsina Pittrice', la bellezza nel tempo in nove capolavori

Le nostre opere imperdibili nell'esposizione di Palazzo Fava curata da Vittorio Sgarbi. Gli orari FOTO Il taglio del nastro

Bologna, la mostra 'Da Cimabue a Morandi. Felsina pittrice' (FotoSchicchi)

Bologna, la mostra 'Da Cimabue a Morandi. Felsina pittrice' (FotoSchicchi)

Bologna, 14 febbraio 2015 - Un filo di bellezza per legare oltre sette secoli di storia, dal Duecento al Novecento, e 180 opere per l’attesissima mostra ‘Da Cimabue a Morandi. Felsina pittrice’ (foto), curata da Vittorio Sgarbi per la Fondazione Genus Bononiae, che apre oggi al pubblico a Palazzo Fava (via Manzoni 2) per proseguire fino al 17 maggio con collegamenti con altre tre sedi ((orari: lunedì ore 12-19; martedì, mercoledì, giovedì e domenica dalle 9 alle 19; venerdì e sabato 9-20).

Orientarsi fra un numero di capolavori così corposo può non essere facile, quindi, un po’ arbitrariamente e un po’ con l’aiuto dello stesso Sgarbi, vogliamo indicare almeno nove opere che il visitatore proprio non si può perdereLa corona di regina va certamente a La Fortuna di Guido Reni se non altro perché, attribuito a Giovanni Andrea Sirani, proprio durante il restauro e l’allestimento ha cambiato ‘padre’. «Il dipinto – ha spiegato Sgarbi – è stato realizzato da Guido Reni a partire da una tela iniziata da un allievo della sua bottega: Antonio Giarola. Il Reni poi interviene, lo ‘alita’ per farlo diventare questa meraviglia».

Una sosta imperdibile naturalmente vale l’Estasi di Santa Cecilia, trasferita per qualche mese dalla Pinacoteca (monito a tutti i bolognesi di frequentare di più i nostri musei) e dipinta da Raffaello per la cappella funeraria di una gentildonna bolognese – Elena Duglioli Dall’Olio – nella Chiesa dei canonici di San Giovanni in Monte. Fra i capolavori che normalmente ci dimentichiamo di ammirare c’è anche la Madonna in trono di Cimabue, che arriva dalla Chiesa dei Servi. Proseguendo, Il ratto d’Europa di Guido Cagnacci, artista che il critico definisce «una specie di Fellini del ’600, il cui unico desiderio è la donna, la bella donna. Infatti questa Europa è sì una figura mitologica, ma è anche una figura estremamente carnale, attraente».

Rimaniamo circa nello stesso periodo con La Caduta dei Giganti, sempre di Guido Reni: si tratta di una vera e propria celebrazione di Bologna, non solo perché realizzato dal grande maestro, ma anche perché ha transitato nelle collezioni di diverse famiglie importanti felsinee prima di rientrare nel lascito di Gioacchino Rossini a Pesaro. Assai grazioso è l’Amorino trionfante in mare che l’autrice Elisabetta Sirani, figlia di Giovanni Andrea, registra in un suo taccuino del 1661 come «un Amorino nel Mare per la gran Principessa Margherita» che oggi fa parte di una collezione privata di Bologna. 

Basta un passo indietro nel tempo per parlare del San Domenico di Niccolò dell’Arca, opera in terracotta della Fondazione Cavallini Sgarbi che presenta una particolarità unica: sul volto del frate è possibile scorgere l’impronta digitale dell’autore. 

Non poteva certo mancare Annibale Carracci con la Venere e satiro con due amorini detta anche ‘Venere volta’ per il quale pare che il pittore avesse utilizzato il fratello come modello dal vivo. Oggi Bologna può osservarlo senza recarsi agli Uffizi di Firenze. Infine, l’ultimo capolavoro di questo piccolo elenco è la Natura Morta del 1923-24 di Giorgio Morandi, che segna la sua prima maturità artistica.

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