’Ndrangheta, Delrio ai magistrati: «Consapevole della reticenza»

I verbali: così l'allora sindaco di Reggio Emilia parlava della comunità calabrese radicata in Emilia FOTO VIDEO

Graziano Delrio

Graziano Delrio

Bologna, 4 febbraio 2015 - «Sono andato a Cutro nel 2009... in occasione della festa del Santo Crocifisso che è una festa molto importante. Noi abbiamo un gemellaggio con Cutro...». Così si giustifica l’allora sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio, attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, sentito come persona informata sui fatti dai magistrati della Dda che gli chiedono spiegazioni sui rapporti fra le istituzioni locali e la comunità cutrese impiantata a Reggio da decenni. Delrio è stato sentito il 17 ottobre 2012 nell’ambito dell’inchiesta Aemilia che nei giorni scorsi ha portato a oltre 150 arresti di affiliati e fiancheggiatori della cosca Grande Aracri, fra cui la consulente finanziaria bolognese Roberta Tattini.

E’ un’audizione a tratti tesa, in cui affiora anche l’imbarazzo di Delrio (che non è indagato) di fronte ai pm Roberto Alfonso, Marco Mescolini e Roberto Pennisi che vogliono sapere come mai abbia sostenuto con forza la comunità cutrese, da lui stesso definita «reticente a denunciare» i clan calabresi. Una reticenza al limite dell’omertà, per i magistrati. Ma per Delrio ci sono «motivi di prudenza e culturali» e, pur avendo più volte rivolto inviti a denunciare caduti nel vuoto, «non va criminalizzata la comunità cutrese in generale». Per questo nel 2011 accompagna dal prefetto tre consiglieri comunali di Reggio originari del piccolo paese calabrese. Perché in quel periodo vedevano nei loro confronti un «ingiusto linciaggio mediatico».

Agli atti ci sono le dichiarazioni di delrio, compresa la spiegazione del viaggio a Cutro: «Ci andai perché siamo gemellati. E ci tornerò... Io sono sempre stato difensore senza se e senza ma delle iniziative del prefetto... Non conosco penetrazioni o collaborazioni fra imprese legate alla ’ndrangheta e imprese reggiane...». Chiede Pennisi: «Ma lei sa che esiste una persona che si chiama Nicola Grande Aracri (il boss; ndr)?». Delrio: «So che esiste Grande Aracri, Nicola non... non lo avevo realizzato». Pennisi: «Sa che è di Cutro?». Delrio risponde incerto: «No, non sapevo fosse originario di Cutro...». Pennisi: «Scusi, che Nicola Grande Aracri e che tutta la criminalità organizzata che proviene da Cutro oggi si ispiri a Grande Aracri penso che lo sappia anche lei se ha letto i giornali...». Delrio balbetta: «Sì, no, però ho risposto alla sua domanda... So che è collegato alla criminalità legata alla... cioè diciamo... anche a Cutro... ma non so se è di Cutro...».

I pm gli contestano che non si può chiedere «di non essere criminalizzati e poi assumere questo atteggiamento di chiusura». Delrio ripete di aver sempre incitato la comunità cutrese a denunciare, riconoscendo però di essere «consapevole della loro reticenza». Per l’ex sindaco, i cutresi impiantati da generazioni sono ormai reggiani a tutti gli effetti.

 

 

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